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La mia prima esperienza di viaggio in ambulanza come paziente

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Mulo con barella, prima guerra mondiale (alpini)
Mercoledì sera 03.09.14 i benemeriti volontari della  Croce Verde di Padova mi hanno portato al Pronto Soccorso Centrale in ambulanza perché ero rimasto bloccato a letto. La paura dell'oncologo era che fossi rimasto in panne per i problemi alle vertebre L2 e L1, di cui ho parlato nei precedenti post, era quindi necessario, a suo parere, un controllo. Ho amaramente scoperto che nonostante, in previsione di simili evenienze, abbia cambiato casa e mi sia trasferito al primo piano di un condominio con ascensore, per farmi scendere in barella  lo devono fare attraverso le scale usando una barella a cucchiaio (vedi foto). Per fortuna che c'erano tre baldi volontari ai quali si è aggiunto l'amico Andrea, mio ex allievo del Marconi, che abita nel mio stesso piano. Dalla barella a cucucchiaio, legato come un salame per sicurezza, mi hanno trasferito sulla lettiga, sempre benassicurato per salire sull'ambulanza.
Barella a cucchiaio
Caricato,  siamo partiti per l' ospedale senza sirena, non ero in pericolo di vita aveva detto l'infermiera del triage del 118. Sapevo già che le strade di Padova fanno veramente schifo, sono piene di buche e ad ogni sobbalzo ho sperimentto i dolori del giovane Werther (i suoi dolori però non erano fisici ma psicologici e amorosi, i miei solo psicologici e fisici). Se aggiungi poi i dossi stradali, la frittata è fatta.
Come sono lamentoso, pensate come doveva sentirsi l'alpino sulla barella posizionata sul dorso del mulo.
Siamo arrivati al PS alle ore 20.59 (dista da casa tre km), l'infermiere del Triage, scopro essere identificato con il codice A064278, mi ha assegnato il colore verde, per fortuna, altrimenti avrei dovuto pagare la prestazione.
Siccome era bloccata l'anca e la gamba sinistra, mi hanno effettuato RX al bacino e anca sinistra. Nonostante avessi detto dei problemi alle lombari, niente RX a queste vertebre, perché? Mi hanno somministrato quindi 0,2 MG/2 ML di fentanyl (noto anche come fentanil o fentanile, nome commerciale Fentanest), un potente analgesico oppioide sintetico, appartenente alla classe delle fenilpiperidine.
Il fentanyl è circa 100 volte più potente della morfina: 100 microgrammi di Fentanyl equivalgono approssimativamente a 30 mg di morfina e 125 mg di petidina (meperidina) in attività analgesica, con una rapida insorgenza e breve durata d'azione. Si tratta di un agonista forte del recettore μ per gli oppioidi.
Alle ore 22.57 il medico mi dimettente con questa diagnosi: Lomboscialtagia sinistra in ripetizione ossee della colonna dorsale. Si riaffida al medico curante. Si consiglia rivalutazione oncologica a breve. Si consiglia terapia antidolorifica con fentanest cerotto 25mcg.
Sono tornato a casa in ambulanza ma su una sedia a rotelle, viaggio più agevole.
Alla fine del foglio di dimissioni è scritto: Informazione ai sensi della deliberazione della Giunta Regionale del Veneto 909/2014.
Gentile Signore, desideriamo renderla partecipe che il SSR ha impegnato 105,20€ per il Suo percorso di cura.
Non me li faranno pagare, in compenso ho già speso di tasca mia 280€ per un bellissimo busto. Comunque ringrazio la Comunità per aver contribuito alla spesa.

Preferisco il matrimonio di Rosie a quello di Amal

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Rosie e Federico
Ecco come racconta Rosie Rosanna Fiorino, blogger, scrittrice, vicepresidente dell'Associazione "Vivere senza stomaco (si può!)" nel suo blog, Stories from the underground, il suo matrimonio celebrato il 27.09.14. Il destino ha voluto che Rosie si sposasse  nello stesso giorno in cui è sposato anche George Clooney e Amal Alamuddin. Poche e confuse notizie sono uscite da queste nozze hollywoodiane superblindate, causa l'esclusiva milionaria concessa a «Vogue America» (i soldi andranno alla fondazione benefica di Clooney).
Racconta Rosie nel post dal titolo: Sposata e felice! La giornata stupenda di ieri, racconta di come ci si può sposare anche senza stomaco, e far poi festa con gli amici, mangiando, chiacchierando, e godendosi una bella fetta di torta di frutta.
La giornata di ieri per me è in un certo senso la risposta alla domanda che tante volte mi sento fare: ma come si vive dopo l’asportazione dello stomaco, si torna a fare una vita normale? Credo che il mio sorriso e la mia felicità nel giorno del matrimonio con la persona che mi ha sempre sorretta e sostenuta sin dai primi momenti difficili della mia malattia, siano la risposta più bella ed evidente che posso dare.  Si può ancora vivere ed essere felici.
Questa sono io ieri, felice ed emozionata, dieci anni dopo il cancro allo stomaco.


Scrive ancora Rosie nel suo blog: a 35 anni mi sono ammalata di cancro allo stomaco, che è una parola molto brutta. Però sono forte per combattere ed ora sto bene. Nel frattempo sono passati 10 anni, ho imparato ad abituarmi alle conseguenze di una gastrectomia totale - in pratica vivo senza stomaco - e questo blog, nato poco prima di ammalarmi, è diventato un modo per condividere con voi le mie passioni musicali, i concerti che continuo sempre ad andare a vedere, ed anche le riflessioni sulla mia malattia, su quello che ha portato nella mia vita, nel mio mondo e nei miei pensieri. Comunque, non fateci caso. Perché io voglio vivere e continuerò a farlo tranquillamente! Rosie


Questa Associazione di volontariato senza alcuno scopo di lucro, nasce dall’incontro di alcune persone che hanno vissuto l’esperienza del cancro allo stomaco. Il primo punto di contatto è stato il gruppo Facebook "Vivere dopo il cancro allo stomaco (si può)", che ha raccolto e condiviso le problematiche di tantissime persone colpite (in prima persona e non) dal tumore allo stomaco. Ora abbiamo deciso di diventare un’Associazione per meglio dare voce ai bisogni delle persone che vivono senza stomaco (o senza una parte di esso). L’Associazione si rivolge sia a chi ha subito una gastrectomia parziale che una gastrectomia totale, ai parenti, familiari e amici e a qualsiasi persona desideri sostenerci. L’intento dell’Associazione è di sensibilizzazione, informazione, divulgazione, prevenzione e sostegno pratico, umano e psicologico sulla patologia del tumore allo stomaco, spesso poco conosciuta dalla maggior parte delle persone. Desideriamo inoltre contribuire a sostenere la ricerca relativa a questo tipo di cancro.

Rosie, non hai scelto per il tuo matrimonio l’Aman Resort, l'hotel sette stelle accolto fra le mura del palazzo Papadopoli sul Canal Grande. In questo hotel extralusso si trovano due giardini privati, un bar, due ristoranti dal mood fusion o giapponese e una SPA. Molto interessante la stupenda biblioteca con pareti in cuoio decorare da foglie d'oro dove sono collezionati libri di design, arte e moda. L’hotel offre 24 suites extralusso, che possono costare fino a 3.500 euro a notte. Gli affreschi del Tiepolo, i camini di Sansovino, le stoffe Rubelli sono soltanto alcune delle frecce al suo arco. Fra i servizi, anche un taxi di 11 metri, a disposizione degli ospiti a tempo pieno. Gli alti soffitti, con decorazioni e rilievi, aggiungono un senso di lusso storico alla trama. L’anello di fidanzamento che George Clooney ha regalato alla compagna Amal è una vera opera d’arte con diamante da 7 carati, il cui prezzo si aggira sui 500 mila euro. Federico, Rosie, certamente non ti ha regalato un anello così costoso, ma dal punto di vista affettivo vale sicuramente molto di più. Il matrimonio da sogno, Rosie, non è quello di George e Amal ma il tuo. George ha cantato per Amal la canzone di Nat King Cole "When i Fall in Love".Ha scelto il brano «When I fall in love», it would be forever...come cantava Nat King Cole, perchè tradotta significa: «quando mi innamoro, sarà per sempre». Io la dedico a te e a Federico, Rosie.

Convegno allo IOV: ALIMENTAZIONE E NUTRIZIONE NEL PAZIENTE ONCOLOGICO

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All'Istituto Oncologico Veneto (IOV) si terrà il 17/10/2014l'interessante  il Convegno: ALIMENTAZIONE E NUTRIZIONE NEL PAZIENTE ONCOLOGICO.

Descrizione

Il rapporto tra alimentazione e cancro è elemento fondamentale sia nella prevenzione del tumore che in corso di trattamento. Il convegno vuole focalizzare le attuali conoscenze in tema di corretta alimentazione e prevenzione della cachessia neoplastica, nell’ottica di ottimizzare la qualità di vita e la compliance ai trattamenti oncologici. Saranno presi in considerazione alcuni aspetti peculiari legati ai tipi di tumore che più frequentemente determinano malnutrizione, alle più recenti scoperte dell’impatto dell’obesità, rischio di cancro e ricaduta per i tumori della mammella, i supporti nutrizionali da effettuarsi in corso di chemio e radioterapia, e le tossicità di nuovi farmaci biologici e terapie ormonali che hanno impatto a livello metabolico.

Glossario: La compliance (termine inglese di uso internazionale; in italiano a volte reso come acquiescenza) è l'adesione del paziente, dopo accurata consulenza del medico, ad una terapia, in genere farmacologica o igienica.

E' nata la "RETE ONCOLOGICA VENETA - ROV"

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Con Deliberazione della Giunta Regionale n. 2067 del 19.11.2013, la Regione Veneto ha istituito la RETE ONCOLOGICA VENETA (ROV).

L'obiettivo principale della Rete Oncologica Veneta è quello di:

·    garantire la tempestività nella presa in carico dei pazienti

·    adeguati livelli di cura e di continuità dell'assistenza
·    equità nelle condizioni di accesso e di fruizione, assicurando sia un'informazione capillare alla cittadinanza in considerazione che, indipendentemente dalle modalità di accesso alle cure oncologiche e dal luogo di residenza, a ogni cittadino devono essere comunque fornite le migliori cure limitandone per quanto possibile i trasferimenti, nel pieno rispetto della sicurezza delle cure erogate, sia una risposta adeguata al fabbisogno regionale ed il controllo dell'appropriatezza prescrittiva ed erogativa.

COMUNICATO STAMPA

RETE ONCOLOGICA VENETA - ROV

prof. Pier Franco Conte
Si terrà lunedì 6 ottobre 2014, alle ore 13,00 presso l'Aula Magna dell'Istituto Oncologico Veneto - IRCCS la conferenza stampa di presentazione dei primi sei mesi di lavoro della Rete Oncologica Veneta - ROV.
Sarà presente all'incontro il Governatore della Regione Veneto, dott. Luca Zaia, unitamente al prof. Pier Franco Conte, Coordinatore della Rete Oncologica Veneta e agli oltre 100 professionisti, appartenenti alle Aziende ULSS, Aziende Ospedaliero-Universitarie, Università e IOV, che stanno lavorando al progetto.

Nel Veneto sono stati diagnosticati n. 31.568 nuovi casi di tumore nel corso dell'anno 2012 e n. 212.000 cittadini veneti hanno avuto in passato una diagnosi di tumore. Le neoplasie della mammella, della prostata, del polmone e del colon retto sono le più numerose. La mortalità annua è pari a circa 14.000 pazienti. A fronte di questi numeri è confortante sottolineare i notevoli progressi nella diagnostica per immagini, diagnostica molecolare, terapie chirurgiche, mediche e radianti; grazie a questi progressi, sempre più pazienti guariscono e , in molti dei pazienti che non raggiungono la guarigione, si riesce a cronicizzare la malattia. Di fronte a questo scenario, un sistema sanitario pubblico deve riorganizzarsi in modo da garantire ai pazienti oncologici: tempestività nella presa in carico; uniformità di percorso diagnostico terapeutico assistenziale; equità nell’accesso alle terapie innovative; appropriatezza di utilizzo; personalizzazione del percorso diagnostico terapeutico sulla base delle caratteristiche del paziente e le caratteristiche molecolari del tumore. Per rispondere a queste esigenze, la Regione Veneto, con deliberazione n. 2067 del 19.11.2013, ha istituito la Rete Oncologica Veneta - ROV.
La ROV si basa su un modello organizzativo HUB e Spoke nel quale lo IOV svolge la funzione di Coordinamento centrale, con 5 Poli Oncologici a livello provinciale, Dipartimenti Oncologici a livello di ogni singola ULSS e Gruppi Oncologici Multidisciplinari per le principali patologie oncologiche. La ROV si è articolata in gruppi di lavoro: Biobanche e Diagnostica Molecolare; Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali; Farmaci Innovativi.

Il compito di questi gruppi di lavoro è quello di individuare i test diagnostici più efficaci, i laboratori più accreditati per effettuarli, le chirurgie di riferimento per le principali patologie oncologiche e le raccomandazioni per un utilizzo appropriato dei nuovi farmaci oncologici. L’obiettivo finale è quello di creare nel Veneto un Istituto Tumori di eccellenza diffuso sul territorio: qualunque sia la porta di accesso, anche la più periferica, il paziente dovrà avere la consapevolezza di essere preso in carico da un sistema che garantirà la migliore qualità della cura e, qualora necessario, il riferimento a centri di eccellenza. A riprova dell’attenzione ai bisogni del paziente, è importante segnalare che numerose Associazioni di Volontariato (ADMO, ANDOS, AVO, ARIANNA IL FILO DELLA SOLIDARIETA’, CEAV, LILT, NOI E IL CANCRO – VOLONTA’ DI VIVERE) partecipano attivamente ai gruppi di lavoro della rete oncologica.

Riferimenti:E-mail: fortunata.marchese@ioveneto.it ; Telefono: 049 8215530

La ROV si articola in una serie di Poli Oncologici individuati presso gli Ospedali di riferimento provinciale con un bacino d’utenza di 1.000.000 di abitanti
  • Ospedale di Treviso (ULSS 1, 2, 7, 8, 9)
  • Ospedale di Vicenza  (ULSS 3, 4, 5, 6)
  • Ospedale di Mestre (ULSS 10, 12, 13, 14)
  • Az. Osp. di Padova (ULSS 15,16,17, 18, 19)
  • Az. Osp. Univ. Integr. di Verona (ULSS 20, 21, 22)
Per vedere il portale della ROV
Glossario: HUB & SPOKE -Il modello organizzativo delle alte specialità fa riferimento alla modalità di produzione e distribuzione dell’assistenza ospedaliera secondo il principio delle reti cliniche integrate (modello “HUB & SPOKE”: letteralmente: mozzo e raggi) che prevede la concentrazione della casistica più complessa, o che necessita di più complessi sistemi produttivi, in un numero limitato di centri (HUB). L’attività degli HUB è fortemente integrata, attraverso connessioni funzionali, con quella dei centri ospedalieri periferici (SPOKE).

IOV Tumori, in un anno 31 mila nuovi casi - Mantoan: farmaci, problema risorse

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Nel Corriere del Veneto del 07/10/14, trovo l' articolo sulla conferenza stampa che si è tenuta  il 06/10/14 allo IOV relativa al bilancio dopo i primi sei mesi dalla nascita della Rete Oncologica Veneta ( ROV).
Titolo: IOV Tumori, in un anno 3lmila nuovi casi - Mantoan: farmaci, problema risorse
PADOVA La buona notizia è che il tasso di guarigione è salito al 60% che la mortalità diminuisce e che nei pazienti in cui non si riesce a debellare, la malattia si cronicizza, allungandone la sopravvivenza. La cattiva notizia è che il numero dei malati di cancro cresce sempre di più: nel 2012 il Veneto ha contato 31.568 nuovi casi e 14 mila vittime. I tumori più diffusi sono quelli a mammella, prostata, polmone e colon retto. Tutti dati emersi nel corso della celebrazione dei primi sei mesi di attività della Rete oncologica veneta (Rov), coordinata dallo IOV e creata dalla Regione per arrivare alla tempestività della presa in carico dei pazienti, all'uniformità del percorso diagnostico-assistenziale, all'equità nell'accesso delle terapie innovative e alla personalizzazione delle cure. "Già 212 mila veneti hanno avuto una diagnosi di tumore - spiega il professor Pier Franco Conte, alla guida della rete - ma non assumono tutti lo stesso trattamento. Per personalizzare, e quindi rendere più efficaci e mirate le terapie, noi caratterizziamo le neoplasie dal punto di vista molecolare. Conosciamo sempre di più la malattia e possiamo contare su 150 professionisti divisi in vari gruppi di lavoro, perciò ogni paziente veneto sa in maniera tempestiva quale percorso deve fare, in termini di esami e cure, e in quale centro, che possibilmente dev'essere il più vicino a casa». E poi c'è il problema dei costi per i farmaci oncologici: dal 2008 a oggi sono aumentati del 70%. Su una spesa totale, in Italia, per tutti i medicinali di 671.463.000 euro, ne vengono investiti 8o.68o.ooo per i farmaci oncologici, dei quali 64.100.000 per quelli oncoematologici. L'Impennata dei costi è infatti causata soprattutto dai presidi contro leucemie, linfomi e mielomi. Da qui l'appello di Domenico Mantoan, commissario straordinario dello IOV, a «dare il farmaco giusto a chi ne ha bisogno, in modo da coniugare l'eccellenza della prestazione alla sostenibilità del sistema. Se abbiamo riunito tanti saperi -sottolinea - è proprio per lavorare sull'appropriatezza, anche nella consapevolezza che c'è un limite alle risorse». (m.n.m.)

Riporto il comunicato stampa n. 190 del presidente Zaia relativo alla nomina del dott. Domenico Mantoan a Commissario dello IOV.

dott. Domenico Mantoan
Il Direttore generale dell’Area sanità e sociale della Regione Veneto, Domenico Mantoan, è stato nominato il 24 gennaio 2014  Commissario dell’Istituto Oncologico Veneto. Il Commissario, la cui attività sarà svolta a titolo gratuito, entrerà nelle funzioni il 1 febbraio p.v.. La scadenza dell’incarico è fissata al 31 dicembre di quest’anno. La nomina di Domenico Mantoan, come recita il decreto di nomina firmato oggi dal Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, si è reso necessario per le dimissioni, rassegnate prima della naturale scadenza dell’incarico, dall’ex Presidente Pier Carlo Muzzio. Occorre quindi garantire la continuità gestionale, afferma sempre il decreto di nomina, “anche alla luce delle linee di indirizzo tracciate dal PSSR, approvato con L.R. del 29/5/2012 n. 23, che ha riconosciuto allo IOV il ruolo di centro hub per il coordinamento del network assistenziale per assicurare tempestività nella presa in carico dei pazienti, continuità dell’assistenza, equità nelle condizioni di accesso e controllo dell’appropriatezza”. Nello stesso tempo, “coerentemente con le determinazioni assunte con la DGRV n. 2067/2013 relativa all’istituzione delle rete oncologica regionale – da implementare nel territorio a cura dello IOV – si impone una riprogettazione delle modalità con le quali erogare l’offerta di salute al paziente oncologico, attività che si ritiene di svolgere attraverso il coordinamento di una figura professionale dotata dei medesimi poteri del Direttore generale”. Il Presidente del Veneto, Luca Zaia, nell’augurare buon lavoro a Domenico Mantoan, ha voluto ringraziare Pier Carlo Muzzio per la preziosa opera svolta per l’affermazione dello IOV quale polo di ricerca e cura, e Maria Giacobbo che in questi mesi lo ha gestito.
 

Benzodiazepine: aumentano il rischio di Alzheimer con l’assunzione prolungata

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Trovo su quotidianosanità.it
Benzodiazepine: aumentano il rischio di Alzheimer con l’assunzione prolungata

A lanciare l’allarme è uno studio franco-canadese, che evidenzia un aumento di rischio del 51% in chi assume benzodiazepine in maniera continuativa per oltre tre mesi. Le long acting sarebbero le più pericolose
11 SET - Le benzodiazepine, assunte come ansiolitici o ipnoinducenti  per lunghi periodi, potrebbero rappresentare un fattore di rischio per morbo di Alzheimer. Già in passato c’erano state segnalazioni di un aumentato rischio di demenza tra gli habitué di questi farmaci, ma non era chiaro se questa associazione fosse solo casuale o meno. Un gruppo di ricerca franco-canadese è andato dunque ad esaminare la relazione tra Alzheimer ed esposizione alle benzodiazepine, alla ricerca di una relazione dose-risposta, cioè di una soglia di esposizione che facesse lievitare il rischio Alzheimer.
È stata esaminata a questo scopo la banca dati del programma di assicurazione sanitaria del Quebec, andando a ricercare i casi di Alzheimer diagnosticati tra gli anziani ai quali erano state prescritte benzodiazepine.
In una finestra temporale di sei anni, sono stati individuati 1796 casi di Alzheimer, che sono stati confrontati con un gruppo di controllo composto da 7184 persone di pari età, in buona salute.
I risultati dello studio, pubblicato su British Medical Journal, indicano che assumere benzodiazepine per più di tre mesi, aumenta il rischio di Alzheimer del 51%; il rischio aumenta di pari passo all’aumentare del periodo di esposizione, ed è maggiore per le benzodiazepine long-acting, rispetto alle short-acting.
Secondo gli autori, i risultati di questo studio rinforzano il sospetto di una possibile associazione diretta delle benzodiazepine sulla genesi della demenza, ma non escludono che l’assunzione cronica di questi farmaci possa rappresentare un marcatore precoce di una condizione, associata ad un aumentato rischio di demenza.
Il take home messageè dunque di non demonizzare questa categoria di farmaci, molto utili sia nella gestione dei disturbi d’ansia che nell’insonnia transitoria, ma di utilizzarli con giudizio e per brevi periodi, senza mai superare i tre mesi di trattamento. Gli autori ritengono inoltre che questi risultati siano di enorme importanza per la salute pubblica, considerato l’uso cronico che molti anziani fanno delle benzodiazepine e dell’incidenza della demenza in crescita esponenziale nei Paesi occidentali.
Ad essere affetti da demenza sono al momento circa 36 milioni di persone nel mondo, un numero destinato a raddoppiare ogni 20 anni.
Kristine Yaffe della University of California di San Francisco e Malaz Boustani dell’ Indiana University Center for Aging Research, in un editoriale di commento, pubblicato sullo stesso numero, ricordano che nel 2012, l’American Geriatrics Society ha inserito le benzodiazepine nella lista dei farmaci inappropriati per gli anziani , proprio in vista degli effetti indesiderati sulla sfera cognitiva. Ciò nonostante, si stima che un anziano su due continui ad assumere, spesso fuori controllo, questi farmaci.
Maria Rita Montebelli
11 settembre 2014

Aumentano i casi di decessi legati all'uso di analgesici e ansiolitici (BMJ)

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Trovo su italiasalute.it
Aumentano i casi di decessi legati all'uso di analgesici e ansiolitici
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Morire per overdose non è un rischio solo per chi si droga, ma anche per chi semplicemente assume un farmaco analgesico. Le stime diffuse dai Centers for Disease Control americani segnalano l'impennata di morti dovute proprio all'utilizzo di farmaci analgesici come hydrocodone, morfina e ossicodone.
Questi medicinali avrebbero causato circa 3mila morti non intenzionali nel 1999, ma addirittura 12mila nel 2011. Il trend è costantemente in crescita se si eccettua il 2006, segno evidente che aumenta anche la tendenza alla prescrizione facile da parte dei medici.
Il rapporto presentato dall'agenzia statunitense parla di un tasso di mortalità per overdose di antidolorifici aumentato di circa il 18 per cento negli ultimi anni.
Ma il problema è comune anche ad altri farmaci, come i sedativi a base di benzodiazepine, prescritti di solito per combattere ansia, insonnia e convulsioni. Questa classe di medicinali ha causato il 31 per cento dei decessi attribuibili a overdose di farmaci, con un aumento medio del 14 per cento ogni anno.
Per arginare il fenomeno è necessario che i medici prescrivano i farmaci con maggior cautela. Mentre vengono utilizzati con molta facilità per controllare dolori passeggeri, i farmaci in questione dovrebbero essere usati con parsimonia e soprattutto nei giorni successivi a un intervento chirurgico o per le cure palliative in caso di cancro.
Uno studio condotto da Daniel Kripke, Robert Langer e Lawrence Kline pubblicato sul BMJ Open (British Medical Journal) stima che circa il 6%-10% degli adulti negli USA con problemi di insonnia abbia assunto almeno un farmaco ipnotico in un arco temporale di un anno. Uno studio di tipo longitudinale ha vagliato cartelle cliniche elettroniche suddivise per coorti.
Sono stati scelti 10 529 soggetti di età media 54 di anni pazienti che hanno ricevuto prescrizioni di ipnotici e 23 676 controlli appaiati senza prescrizioni di ipnotici, seguiti per una media di 2,5 anni.
I dati sono stati aggiustati per età, sesso, fumo, indice di massa corporea, etnia, stato civile e uso di alcol. L'Hazard Ratio (HR), ossia il calcolo del Rischio Relativo di morte, è stato calcolato con i modelli proporzionali di Cox controllato per i fattori di rischio utilizzando fino a 116 strati, e 12 classi di comorbidità.
In accordo con quanto previsto dai ricercatori i pazienti con prescrizioni mediche di sonniferi presentavano percentuali di rischio più elevate rispetto ai soggetti senza alcuna prescrizione di ipnoinducenti, dimostrando anche un’associazione dose-risposta.
L’HR è risultata elevata nell’analisi separata per diversi ipnotici comuni, tra cui zolpidem, temazepam, eszopiclone, zaleplon, altre benzodiazepine, barbiturici e antistaminici sedativi. I risultati hanno mostrato una certa coerenza anche all'interno dei gruppi che presentavano la copresenza di altre malattie, indicando che i rischi di morte associati ai farmaci ipnotici non erano attribuibili alla pre-esistente malattia.
Lo studio in questione conclude affermando che nei soggetti che hanno assunto farmaci ipnoinducenti si è riscontrato un rischio relativo di morte di almeno tre volte rispetto ai controlli, anche con una quantità minima di dosi prescritte in un anno. Questo tipo di associazione riscontrata è stata ottenuta facendo analisi separate per i diversi ipnotici più comunemente utilizzati.
19/09/2014 Andrea Sperelli

Nobel per la pace 2014 a Malala Yousafzay e Kailash SatyarthiIl

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Kailash Satyarthi e Malala Yousafzay
Per non parlare solo di problemi oncologici, dedico questo post ai due premi Nobel per la Pace 2014, un 60enne indiano e una 17enne pachistana.
Avevo già dedicato un post a Malala in occasione del suo coinvolgente discorso alle Nazioni Unite, ora a lei e all'indiano Kailash Satyarthi il Comitato del Nobel Novergese hanno assegnato il premio Nobel per la pace 2014.
La 17enne Malala è stata vittima di un attentato talebano nel 2012 perché difendeva il diritto delle bambine allo studio. Il 60enne Satyarthi è un attivista dei diritti dell'infanzia. Sono stati premiati per la loro lotta a favore dei bambini e del loro diritto all'istruzione
Oslo 10 ottobre 2014ll Nobel per la Pace 2014 è andato all'indiano, Kailash Satyarthi, 60 anni, attivista dei diritti dell'infanzia e a Malala Yousafzai, la ragazzina pachistana che nel 2012 rimase vittima di un attentato dei talebani per il suo impegno a favore del diritto delle bambine di andare a scuola. Lo ha annunciato Thorbjoern Jagland, il presidente del Comitato del Nobel norvegese al Nobel Institute di Oslo.La motivazione del premio
Il comitato di Oslo ha deciso di premiare una coppia di attivisti,"per la loro lotta contro l'oppressione dei bambini e dei ragazzi e per il diritto di tutti i bambini all'istruzione".
"I bambini - si legge nel comunicato che accompagna il Premio - devono poter andare a scuola e non essere sfruttati per denaro. Nei Paesi più poveri del mondo, il 60 per cento della popolazione ha meno di 25 anni d'età ed è un prerequisito per lo sviluppo pacifico del mondo che i diritti dei bambini e dei giovani vengano rispettati. Nelle aree devastate dalla guerra, in particolare - si legge ancora nella motivazione- gli abusi sui bambini portano al perpetuarsi della violenza generazione dopo generazione". Nella motivazione, il Comitato ha anche sottolineato l'importanza del fatto che "un indù e una musulmana, un indiano e una pachistana, siano uniti nel comune impegno per l'istruzione e contro l'estremismo".
Satyarthi "continua la tradizione di Gandhi"
"Mostrando grande coraggio personale Kailash Satyarthi, continuando la tradizione di Gandhi, ha capeggiato diverse forme di protesta e dimostrazioni, tutte pacifiche, concentrandosi sul grave sfruttamento dei bambini per motivi economici": è quanto si legge nella motivazione del comitato norvegese del Nobel. "Ha anche contribuito allo sviluppo di importanti convenzioni per i diritti dei bambini", aggiunge il testo.
Malala, lotta eroica per diritto delle bambine allo studio
"Nonostante la sua giovane età Malala Yousafzay ha già combattuto diversi anni per il diritto delle bambine all'istruzione ed ha mostrato con l'esempio che anche bambini e giovani possono contribuire a cambiare la loro situazione. Cosa che ha fatto nelle circostanze più pericolose". Questa la motivazione per il premio alla giovane attivista pachistana. "Attraverso la sua lotta eroica è diventata una portavoce importante del diritto delle bambine all'istruzione".
Malala la più giovane vincitrice
Malala Yousafzay è la persona più giovane ad essere insignita del Nobel nella storia di tutte le categorie  del premio. Secondo il sito 'nobelprize.org', infatti, ha sostituito in testa alla classifica dei Nobel più giovani il premio per la Fisica Lawrence Bragg, che nel 1915 - quando ricevette questo riconoscimento - aveva 25 anni. Malala è la 46ma donna a ricevere il Nobel tra il 1901 e il 2014.
Mentre a Oslo le assegnavano il Premio Nobel per la Pace, Malala era "a scuola, come sempre" a Birmingham. Lo ha detto una portavoce della società che gestisce la sua immagine.
Le congratulazioni della Santa Sede
"A nome della Santa Sede faccio i complimenti ai vincitori del Premio Nobel per la Pace". Così padre Ciro Benedettini, vicedirettore della Sala Stampa Vaticana, aprendo una conferenza stampa oggi in Vaticano riguardo al ruolo della Chiesa nella Prima Guerra Mondiale. "Sappiamo quanto sia importante il ruolo delle donne", riferendosi a Malala. Tra i candidati al Nobel per la Pace figurava anche il nome di Papa Francesco.
I complimenti di Renzi
"Complimenti a Malala, Nobel per la pace, che all'Onu disse: 'Abbiamo capito l'importanza delle penne e dei libri quando abbiamo visto le armi'". Lo scrive su Twitter il presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Obama: "Passione di Malala ha ispirato il mondo"
L'assegnazione del Nobel a Malala Yousafzai e Kailash Satyarthi "è una vittoria per tutti coloro che combattono per sostenere la dignità di ogni essere umano", ha affermato il presidente Obama, sottolineando che "la passione e determinazione della giovane pachistana ha ispirato il mondo e Satyarthi ci ricorda il dovere di difendere i più vulnerabili".

Per saperne di più sui vincitori:

Sanità, spending review: al Sant'Orsola le colangiografie si fanno col succo di ananas

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Trovo su Repubblica.it di Bologna del 25 settembre 2014 il seguente articolo:
Sanità, spending review: al Sant'Orsola le radiografie si fanno col succo di ananas
Usandolo come mezzo di contrasto al posto del Lumirem i costi sono scesi da 14.000 a 380 euro in due anni: stessi effetti dal punto di vista clinico
Spending review al succo d'ananas: passando dal farmaco Lumirem al succo d'ananas come liquido di contrasto liquido di contrasto per le risonanze magnetiche alle vie biliari, il policlinico Sant'Orsola di Bologna, così, ha abbassato questa specifica voce di spesa da 14.000 a 380 euro in due anni. A spiegarlo è Marco Storchi, responsabile dei servizi di supporto alla persona del policlinico, che oggi insieme alla direttrice amministrativa Maria Cavazza ha incontrato la stampa per illustrare un più articolato piano di razionalizzazione della spesa.
Il succo d'ananas, rispetto al Lumirem "dà gli stessi effetti dal punto di vista clinico", afferma Storchi, con vantaggi non solo dal punto di vista economico: il paziente, infatti, deve bere del succo di frutta e non un "beverone" farmacologico. Spulciando sul web, si trovano diverse "tracce" sulla possibilità di utilizzare l'ananas come liquido di contrasto orale. Al Sant'Orsola la soluzione è stata adottata già da un paio di anni: "l'abbiamo scoperto- sottolinea Storchi- parlando con medici e radiologi, cuochi e dietisti", cioè mettendo in connessione le diverse professionalità presenti nel policlinico.

 "Come liquido di contrasto per la colangiografia usiamo il succo d'ananas già da due anni - spiega all'AdnKronos Rita Golfieri, primario del reparto di Radiologia del Sant'Orsola - vale a dire che è stato utilizzato già per circa 800 pazienti. E sono molti i centri che si occupano di patologie del fegato che utilizzano il medesimo sistema da tempo".
"Una volta si usava il Lumirem, che è un prodotto a base di ioni di ferro - prosegue il primario - poi abbiamo scoperto che il succo d'ananas, non necessariamente puro al 100%, funziona infatti anche quello non di marca, aveva lo stesso effetto: ovvero cancellare l'iperintensità del segnale bianco del succo gastrico duodenale". In sostanza, "basta che il paziente beva due bicchieri di succo d'ananas - prosegue Golfieri - e con un metodo che è anche molto piacevole, otteniamo lo stesso effetto superparamagnetico", quello cioè che consente di eliminare dall'immagine gli elementi che disturbano l'esame radiologico delle vie biliari, ai fini della diagnosi.
Complessivamente, da due anni a questa parte il Sant'Orsola ha risparmiato così circa 14 mila euro per l'acquisto del Lumirem, utilizzato comunque per altri tipi di esami che necessitano di un liquido di contrasto. Comprando il succo d'ananas, infatti, in due anni sono stati spesi solo 380 euro. Un netto contributo, dunque, alla spending review in campo sanitario.

Diario dalla Radioterapia dell'Istituto Oncologico Veneto (IOV)

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dipinto di Monika Zerbetto,
mi assomiglia?
Sono stato ricoverato da sabato 6/09/2014 al 16/09/2014 nel reparto di Radioterapia dello IOV,  si trova al 1° piano di un vecchio edificio all'interno dell'Azienda Ospedaliera di Padova e non al Busonera dove ha sede lo IOV. Al secondo piano c'è il reparto delle degenze di oncologia medica 1a e 2a. Nel sito è scritto che il responsabile del reparto è il dott. Guido Sotti, ma è andato in pensione da poco,  l'attuale facente funzione è il dott. Luigi Corti. E' scritto nella lettera di dimissioni del 16.09.14 indirizzata al medico e all'oncologo curante, firmata dalla dott.ssa Friso:  All'ingresso il paziente, affetto da osteolisi a carico di L1 (vedi tac del 28.08.14) e già portatore di busto, presentava lombalgia ingravescente. Un RX della colonna eseguito il 06/09 descriveva parziale riduzione in altezza del soma di L2 per processo osteolitico. E' stato pertanto sottoposto a RT su L1-L2 con dose totale erogata di 20 Gy in 5 frazioni, terminata in data odierna con buona tolleranza. Per ogni frazione venivo irradiato in quattro momenti: davanti, dietro, laterale a destra e a sinistra.

Il gray (simbolo Gy) è l'unità di misura della dose assorbita di radiazione del Sistema Internazionale. Un'esposizione di un gray corrisponde a una radiazione che deposita un joule, (definito come 1 kg·m²/s²), per chilogrammo (simbolo: kg), di materia (sia tessuti biologici sia qualsiasi altra cosa). Per leggere le attività del reparto di Radioterapia e Medicina Nucleare, clicca qui.
La radioterapia (vedi Wikipedia) è una terapia medica consistente nell'utilizzo di radiazioni ionizzanti. La radioterapia è utilizzata soprattutto nel trattamento di forme di tumore, infatti utilizza un fascio di fotoni penetranti, di 5-10 MeV di energia, per danneggiare il patrimonio genetico delle cellule malate e impedire così che proliferino, mentre è poco impiegata in patologie non oncologiche. La radioterapia può essere curativa in un certo numero di tipi di cancro, se confinati in una zona del corpo. È prassi comune combinare la radioterapia con la chirurgia, con la chemioterapia, con l'ormonoterapia e l'immunoterapia. Lo scopo esatto del trattamento (curativo, adiuvante, neoadiuvante, terapeutico o palliativo) dipenderà dal tipo di tumore, dalla posizione e stadio, nonché dalla salute generale del paziente. Le radiazioni ionizzanti utilizzate in radioterapia sono in grado di danneggiare il DNA del tessuto bersaglio. Le cellule tumorali sono, in genere, scarsamente capaci di riparare i propri danni e quindi vanno incontro a morte cellulare. Per risparmiare tessuti sani, ad esempio pelle o organi che la radiazione deve superare per arrivare al tumore, i fasci delle radiazioni vengono sagomati e rivolti da diverse angolazioni, intersecandosi nel centro della zona da trattare, dove perciò vi sarà un quantitativo di dose assorbita totale superiore che nelle parti adiacenti.

Diario dalla Radioterapia
Riporto alcuni post che avevo scritto durante la degenza.
Le pareti del reparto della radioterapia sono colorate dai pannelli decorativi dipinti dagli studenti delle classi 4A e 4D del liceo artistico Modigliani di Padova in collaborazione con la prof. Bressan Teresa, sono stati realizzati nel 2010. Ha scritto la studentessa Chiara Bazza, che ho conosciuto, come dedica ai pazienti oncologici: ...ora i colori riempiono il tempo e mantengono vivo il ricordo della tua gioia di vivere...un bell'esempio di dialogo intergenerazionale, bravi ragazzi, docenti e presidi, la solidarietà viene prima di tutto.
In alto uno dei pannelli, nel dipingerlo la studentessa Zerbetto Veronika si è ispirata a me?

Al 3° giorno di ricovero ho fatto il centramento della parte da irradiare nella sede centrale dello IOV che dista 300 metri da dove sono ricoverato...perché lì? Stanno cambiando il dispositivo del centramento, quindi viaggio in ambulanza con gli scossoni delle buche. Scopro che a causa di un sottopassaggio le ambulanze sono state irrigidite e quindi gli ammortizzatori non funzionano. I barellieri hanno viaggiato a velocità di tartaruga, arrivati ho dovuto attendere il mio turno, tac e centraggio. Lo hanno fatto tre giovani simpatici e aitanti, due tecnici radiologi e uno specializzando in radioterapia al 2° anno, spiritosi, gentili e belli. Ci sarebbe molto da dire sul centramento ma lo riservo ad altra data.

Ho avuto una piacevole conversazione con la caposala Barbara, la dizione esatta e coordinatrice infermieristica, mi ha detto che chi lavora in un reparto di oncologia, spesso lo fa per scelta perché è stato toccato dalla patologia, altrimenti non dura a lungo e chiede trasferimento ad altro reparto. Brava Barbara e brave le sue collaboratrici. Nella foto Barbara, la Coordinatrice infermieristica della Radioterapia nel suo ufficio, continua Barbara con impegno e serietà il tuo prezioso lavoro assieme ai tuoi collaboratori. La vostra professione, Coordinatrici, Infermieri, OSS e mal riconosciuta, però voi siete sempre vicini ai pazienti ed essi si rivolgono a voi nei momenti di difficoltà ...speriamo in tempi migliori.
Barbara, coordinatrice infermieristica

Le polpettine al pomodoro e le patatine della domenica, per fortuna che Giovanna e Paolo, mia moglie e mio figlio, mi hanno portato delle pastine mignon. Il dessert offerto dal menù è costituito da un pacchetto di cracker, non devo ingrassare. Il primo era a base di pasticcio di verdure non molto gustoso...chi si accontenta gode però...buona giornata...solidarietà con chi è ricoverato come me.

Trovo nel sito dell'Aimac a proposito di cosa dire ad un paziente oncologico quando vai a trovarlo: "Il silenzio potrebbe risultare pesante e difficile da sopportare, allora potremmo essere tentati dal coprirlo con mille parole ‘vuote', dimenticando che, invece, anche il silenzio comunica e può significare rispetto, vicinanza emotiva e affetto. Allora è importante potersi fermare, prendere del tempo, ascoltare noi stessi e quello che stiamo sentendo, arrivando anche a riconoscere eventuali emozioni di rabbia, paura, sconforto e stanchezza. Essere sinceri con noi stessi ci consente di essere autentici anche col nostro interlocutore, aprendoci ad un ascolto attivo nei suoi confronti. Ascoltare, non solo sentire, provare a metterci nei panni dell'altro, lasciarlo parlare e permettergli di dire quanto desidera comunicare in quel momento, saper tollerare i silenzi, evitare di esprimere giudizi o di dare interpretazioni e consigli non richiesti."
Giovanni: Come sempre non è facile comunicare con un paziente oncologico quando è in terapia o in particolare ricoverato...la confusione non giova, non raccontate le vostre piccole magagne di salute o familiari...meglio un sorriso rispetto a tante parole.

Il pranzo della domenica
Domenica 14 settembre, mentre sto scrivendo questo post un giovane sacerdote africano e l'amico Roberto, al quale mi legano trascorsi dolomitici,  da trent'anni tutte le domeniche fa da chierichetto e da volontario, stanno celebrando la messa nel piccolo atrio...sono pochi i pazienti e pochi gli ospiti...ma le preghiere si dice passano sette muri...la giornata è bella...il personale continua i suoi lavori: sacche, iniezioni ...ho fatto colazione... è sempre un rebus, se prendi lo yoghurt, non può prendere tè o caffè latte...ho preso anche la piccola tavoletta di burro e un vasetto micro di marmellata, però non mi danno le fette biscottate, ho i Pavesini da casa per fortuna...buona domenica a tutti.

Domenica 14 settembre 2014: Vangelo di Giovanni (3, 13-17) con Esaltazione della Santa Croce "Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna" In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: "Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui".Parola del Signore
Commento di Giovanni: Si esalta la Croce, la sofferenza di Gesù, ma dove mi trovo e soprattutto nel piano superiore dove ci sono le degenze della chemio, la sofferenza è di casa, quindi siamo in piena sintonia ...la sofferenza di alcuni malati di cancer che vedo, osservo, ascolto e compatisco (patisco insieme) non ha nulla da invidiare alla sofferenza di Gesù, anzi.. mistero della Vita e dell'Universo...buona domenica, forza e coraggio

Vivace scambio di opinioni tra il medico e una paziente che non vuole restare in pigiama o camicia da notte...è vestita come una persona normale...lei è una paziente, dice il medico e deve vestirsi come tale, altrimenti la scambiamo per una visitatrice...piccole incomprensioni da ospedale, non si devono creare fastidi....anche il mio look non è molto da ospedale, pantaloncini corti e maglietta ma ho il busto.

Il mio compagno di stanza ha cinque anni più di me, è una persona squisita, molto gentile, non ha i miei problemi ma altri piuttosto seri...è spesso sedato. Quando i medici nell'ordinario giro quotidiano gli chiedono come si sente, si sveglia e risponde sempre che sta bene...un bell'esempio di dignità umana. E' un volontario CEAV (Cancro e Assistenza Volontaria) da sette anni, domenica ha ricevuto della Croce Verde di Padova un attestato ed una medaglia, riconoscimento per i dieci anni di impegno anche in quella Associazione, forse, quasi sicuramente, questi suoi trascorsi nel volontariato lo aiutano a capire la sua situazione e anche la nostra.

E' uscito un paziente che ha fatto una cura neoadiuvante di chemio più radioterapia per un carcinoma gastrico, ora è in attesa dell'intervento ...gli ho parlato del forum e dell'associazione dei gastrectomizzati, gli ho detto di iscriversi...mi ha ringraziato

Sono venuti a trovarmi due ragazzi, Elena e Carlo che ho aiutato per le vicende scolastiche...Elena bocciata alla maturità in una scuola paritaria, Carlo ha recuperato con successo due materie, italiano e matematica anche se il prof. di matematica che gli ha fatto ripetizione gli aveva detto il giorno prima dell'esame che sapeva poco...nuova tecnica di motivazione? Vi ricordo che l'Associazione che coordino si chiama Invecchiamento Attivo e Solidarietà Intergenerazionale...ho ricordato ad Elena, bocciata alla maturità, che io sono diventato preside della scuola dove mi hanno bocciato, quindi niente paura...come è mia abitudine, forse mi odiano, ho chiesto loro cosa sono i fotoni che mi hanno irradiato, sono del liceo scientifico, ho spiegato loro la differenza tra quanti di energia (fotoni) e particelle con massa come i protoni, neutroni

E' venuta a trovarmi Doralba, una dott.ssa che ho conosciuto di recente, che sta terminando la specializzazione in chirurgia generale (sei anni di specializzazione, mentre la specializzazione in radioterapia dura solo tre anni)...Doralba è una dott.ssa di origine colombiana, adottata quando aveva 7 anni da una coppia padovana, bell'esempio di solidarietà...sarà sicuramente un bravo chirurgo

il letto che mi ha ospitato
Mi scrive questa mattina Fosca, una gastrectomizzata come me: c'era un bel sole che si alzava all'orizzonte mentre portavo mia figlia a prendere il treno per Padova e sapete a cosa ho pensato?...ebbene a Giovanni Chioetto che è sicuramente sveglio e guarda fuori dalla finestra la bellissima giornata che si apre oggi....ebbene Giovanni, ho pensato: "un raggio di sole lo dedico a te!" Buona giornata, per quanto dura che sia anche oggi vediamo il sole...

Sono tornato a casa il 16.09.14, il letto è libero...la vita continua...è iniziata la scuola...in bocca al lupo ragazzi.

Ringrazio le persone che sono venute a trovarmi, in particolare Maria Grazia, presidente dell'Associazione CEAV e la volontaria Cosima. Ricordo che i volontari CEAV effettuano servizio di volontariato in questo reparto e i volontari AVO nel reparto di oncologia medica al 2° piano.

Speranze e illusioni di Giovanni

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La mia L2

Le più belle parole non sono “Ti amo”, ma “E’ benigno!” [Woody Allen] 
Ho ritirato il 14/10/2014 il referto della tac con mdc; il prof. Fabio Pomeri, direttore del reparto di Radiodiagnostica Oncologica dello IOV, ha refertato: Crollo di L2, stabilità degli altri reperti TC.  Speranze e illusioni si sono accavallate nella mia psiche. Speranza di guarire? Probabilità zero! Speranza di sopravvivere? Qualche probabilità in più! Mi sorge il dubbio che più che speranze le mie siano solo illusioni. Questa mattina ho fatto il richiamo di ipilimumab dopo 12 settimane dalla precedente infusione. Nella stanza del day hospital ho incontrato due signori più giovani di me che mi hanno raccontato la loro avventura oncologica. Stanno sperimentando, per un melanoma metastatico, due anticorpi monoclonali ipilimumab+nivolumab, ora stanno prendendo solo nivolumab. Li ho trovati molto rilassati e per nulla preoccupati, in particolare quello seduto vicino a me che affermava che la terapia sperimentale aveva stabilizzato le sue 5 metastasi. Era quindi speranzoso! In bocca al lupo compagno di avventura, oggi era anche il suo compleanno!
trovo nell'enciclopedia Treccani che la Speranza, dal latino "sperare", è un sentimento di aspettazione fiduciosa nella realizzazione, presente o futura, di quanto si desidera. Nella morale cattolica è, insieme con la fede e la carità, una delle tre virtù teologali. Speranza (dal latino: Spes) è la personificazione nella mitologia romana della Speranza l'equivalente greca di Elpis.
È tradizionalmente definita come "ultima dea" (Spes Ultima Dea), espressione che si ritrova nel detto popolare «la speranza è l'ultima a morire», in quanto, come era narrato nel mito del Vaso di Pandora, essa è l'ultima risorsa per l'uomo. Quando tutti i mali contenuti nella giara all'apertura si erano dispersi nel mondo rimase, per volontà di Zeus, solo Elpis come riparo consolatore per l'umanità. La Speranza, nell’antichità classica venerata come una divinità, era rappresentata in piedi, con un bocciolo di fiore nella mano destra e la veste sollevata sul fianco sinistro.
Il termine illusione (dal latino illusio, derivato di illudere, "deridere, farsi beffe") indica in genere ogni errore dei sensi o della mente che falsi la realtà. Nel linguaggio della psicologia, le illusioni possono considerarsi come percezioni reali falsate dall'intervento di elementi rappresentativi che si fondono così strettamente allo stimolo sensoriale, da far perdere al soggetto la capacità di differenziare gli elementi sensoriali diretti da quelli riprodotti.
Nel riflettere sulle categorie speranza e illusione, mi sono imbattuto nel post Speranza ed Illusione contenuto nel blog che ha per titolo: Quella che il bruco chiama fine del mondo, il maestro chiama farfalla (massima Zen).
Per un paziente oncologico la Speranza è lo stato d’animo di attesa fiduciosa nel compimento imminente o futuro di una guarigione, nel mio caso di sopravvivenza.
Mentre l’illusione è la speranza ormai svanita, consapevole o inconsapevole. Nel mio caso sto facendo una chemio e una radio palliativa e mi illudo di poter ancora guarire. Con una metastasi o ripresa malattia alla vertebra L2, è speranza quella di poter vivere ancora un po', e illusione pensare di poter guarire.
Scrive Raul Montanari nel romanzo “L’esistenza di dio” , Baldini Castoldi Dalai editore, 2006) - Il contrario dell’illusione è la delusione: un’emozione amara ma salutare. Un risveglio. Il contrario della speranza è la disperazione, la resa totale. L’unico peccato per il quale non c’è perdono, né in terra né in cielo.”
Affermare che chi non ha speranza pecca contro il cielo e la terra è esagerato, soprattutto  nel campo dell'oncologia.
Trovo su Yahoo Answers e nel  post su citato che la differenza tra speranza e illusione è un pò come la differenza tra nevrosi e psicosi. E’ nevrosi quando costruisci castelli in aria e poi sei combattuto tra l’andarci ad abitare dentro oppure no. E’ psicosi quando vai ad abitarci dentro.
E’ speranza quando una parte di te sa che la probabilità di guarigione è possibile, è illusione quando, nonostante metastasi, recidive e progressioni della malattia ti illudi che la guarigione sia ancora possibile.
La speranza ti mantiene in bilico tra guarigione  e non guarigione. L’illusione, invece, ti relega alle soglie dell’impossibile, dell’allucinatorio. Il problema è che talvolta credi di avere una speranza, e non sai che è un’illusione.
Trovo nel Forum "Vivere dopo il cancro allo stomaco (si può!)" che i familiari dei pazienti gastrectomizzati per un adenocarcinoma gastrico, a volte con stadio 4 e grado 3 (massima positività = condizioni peggiori), si chiedono se ha senso fare la chemio e la radioterapia. I partecipanti al Forum rispondono quasi sempre: tanti PPS (Pensieri Positivi Sempre), non mollate e  sperate sempre.
Quando una persona impatta con uno dei 97 tipi di "cancer" classificati dall'International Classification of Diseases(ICD 10), che madre natura ci offre, speranze e illusioni si affollano nella sua mente e in quella dei suoi familiari. Quando l'infiltrazione delle cellule neoplastiche non si arresta di fronte alla parete dei vasi linfatici, dei capillari e delle venule che possono essere invase, con la conseguenza che le cellule tumorali raggiungono i linfonodi o il circolo sanguigno dando inizio a quel processo noto con il termine di metastatizzazione, la situazione è quasi sempre senza speranza.
Un'altra caratteristica dei tumori maligni, che rende la prognosi spesso infausta, è la "recidiva", cioè il rischio di riformazione del tumore nel sito di origine dopo l'asportazione chirurgica. I tumori maligni, infine, se non rimossi per tempo danno luogo alla cachessia, cioè ad un progressivo e rapido decadimento dell'organismo, che va incontro ad una notevole perdita di peso ed a fenomeni di apatia e astenia.
Nel mio caso, dopo la gastrectomia (03/12/2010) e la chemio ho vissuto fino a gennaio 2013 in condizioni accettabili.  E' da quel periodo che la malattia ha ripreso vigore colpendo il fegato. La chemio, sia tradizionale che sperimentale, ha fatto regredire la metastasi al fegato ma non quella alla vertebra L2. Ora sto prendendo Zometa e ho fatto 5 sedute di radioterapia per la metastasi ossea. Quindi speranza di guarigione zero, illusione di sopravvivere ancora un po', sì! Spero in condizioni dignitose.
L'atteggiamento positivo serve nella lotta al cancro? Trovo su Wikipedia: Nel 1970, un trattamento relativamente popolare e alternativo del cancro, consisteva, in una terapia della parola specializzata, basato sull'idea che il cancro fosse causato da un cattivo atteggiamento.  Le persone con una "personalità del cancro", risultavano depresse, avevano disgusto di sé e paura ad esprimere le proprie emozioni. Si credeva che il cancro fosse una manifestazione del desiderio inconscio. Alcuni psicoterapeuti ritenevano che il trattamento per cambiare la visione del paziente sulla vita avrebbe avuto effetto curativo sul cancro. Ciò portava a riversare sulla vittima la colpa di essere la causa del proprio male o di averne impedito la cura. Inoltre, ciò aumentava l'ansia dei pazienti, in quanto erroneamente ritenevano che le emozioni naturali di tristezza, rabbia o paura potessero accorciare la loro vita.  La teoria è stata condannata da Susan Sontag, nel suo libro Malattia come metafora. Aids e cancro. Anche se questa teoria è ormai generalmente considerata come una sciocchezza, l'idea persiste, almeno in parte, in forma ridotta con una diffusa, ma errata, convinzione che mantenere deliberatamente un pensiero positivo, possa aumentare la sopravvivenza. Questo concetto è particolarmente rilevante nella cultura correlata al cancro al seno.(…)
Predire la sopravvivenza quando si impatta con un tumore, sia a breve che a lungo termine è difficile e dipende da molti fattori. I più importanti sono il tipo di tumore, l'età del paziente e la sua salute generale. Le persone fragili e con altri problemi di salute hanno tassi di sopravvivenza più bassi. Un centenario è improbabile che sopravviva per più di cinque anni, anche se il trattamento ha successo. Le persone che riferiscono una migliore qualità della vita, tendono a sopravvivere più a lungo. Le persone con bassa qualità di vita possono incorrere nel disturbo depressivo ed in altre complicanze, dovute al trattamento o alla sua progressione, che danneggia la loro qualità di vita, riducendone la durata.
Susan Sontag è morta il 28 dicembre 2004 a New York di leucemia. Scriveva Umberto Galimberti su Repubblica, del 29/12/2004, in un articolo dal titolo: Quando la malattia diventa una colpa.
Susan Sontag si era annunciata al pubblico negli anni Sessanta con un libro Contro l'interpretazione. Gli psicanalisti e i filosofi ermeneuti lo considerarono confuso. E li capisco. Li colpiva nella loro ombra, che è poi quella di ritenere che ogni evento sia suscettibile di interpretazione, e quindi nasconda un significato recondito da portare alla luce, perché tutto deve avere una spiegazione. In realtà Susan Sontag voleva solo dire che non tutte le cose hanno un significato, tantomeno le malattie perché"non c'è niente di più primitivo che attribuire a una malattia un significato, poiché tale significato è inevitabilmente moralistico".
Alla fine degli anni Settanta Susan Sontag esplicitò questo concetto in un bellissimo pamphlet che ha per titolo Malattia come metafora, che Einaudi farebbe bene a ripubblicare, se non altro per evitare che i malati di cancro o di Aids, oltre alle sofferenze fisiche, si trovino a dover sopportare il sospetto moralistico che l'ignoranza da un lato e un insopprimibile bisogno di spiegazione dall'altro attribuiscono alle condizioni di malattia, di sofferenza, di dolore.
La tubercolosi era un flagello, ma la letteratura, Thomas Mann in particolare, l'aveva resa un simbolo di raffinatezza, quando non una consunzione d'amore. Persino Freud, amico di Mann, non lo escludeva. E su questo aspetto metaforico della malattia sorse quella pseudoscienza che porta il nome di "psicosomatica", dove si afferma, naturalmente senza spiegare come, che le pene dell'anima, quando non le sue colpe, si convertono in malattie del corpo.
Potenza delle metafore e dei simboli, vivificati più dalla letteratura che dalla scienza. Di solito la letteratura e con lei la mitologia e la religione interpretano quel che la scienza ancora ignora. Immemori del monito di Ippocrate che, di fronte all'epilessia interpretata come "male sacro", scriveva: "Circa il male cosiddetto sacro questa è la realtà. Per nulla è più divino delle altre malattie o più sacro, ma ha struttura naturale e cause razionali. Gli uomini tuttavia lo ritengono in qualche modo opera divina per ignoranza e stupore".
Contro questa ignoranza, ammantata di sacralità o di estetica, si è battuta Susan Sontag, concentrando la sua attenzione su quella che negli anni Settanta era considerata, e in una certa misura lo è ancora oggi, la malattia mortale: il cancro, che a partire da Reich è stato psicologizzato nella forma della repressione sessuale, e da Groddeck visualizzato come "malattia di chi vuole morire perché la vita gli è diventata insopportabile".
Ne consegue che come cura basterebbe la buona volontà, la forza di lottare, come vuole il nostro tempo dove, dice Susan Sontag, la metafora militare è quella vincente, quando a regolare il mondo non è il dialogo e l'accettazione dell'altro, ma la forza e la soppressione dell'altro.
Fu così che da malattia che insorge per specifiche condizioni organiche, il cancro diventa, per il malato, colpa della degenerazione della sua vita e, per traslazione, metafora della degenerazione politica e sociale, descritta, scrive Susan Sontag, "con immagini che riassumono il comportamento negativo dell'homo oeconomicus novecentesco: sviluppo anormale, repressione dell'energia che si manifesta nel rifiuto di consumare e di spendere.
L'insegnamento di Susan Sontag, che ci invita a demetaforizzare la malattia ed eliminare tutte le interpretazioni, che hanno sempre uno sfondo colpevolizzante, di cui si servono il potere, la morale e la legge per tenere a bada le condotte di vita degli individui, torna particolarmente attuale oggi di fronte a quell'epidemia che chiamiamo Aids.
I malati di Aids, oltre alla malattia, devono combattere l'immagine della malattia, che è più spaventosa e più difficile da vincere della malattia stessa. L'origine sessuale quando non omosessuale della malattia, il suo propagarsi ai bordi della città tra gli emarginati vittime della tossicodipendenza offre alla morale, sempre in cerca della colpa perché avida di punizione, un terreno fecondo per il consolidamento dei suoi principi e l'esercizio dei suoi divieti. (…)
L'immaginario colpevolizzante, infatti, e le metafore che lo sostengono sono il maggiordomo e le ancelle del potere che ha sempre regolato la vita degli uomini con la paura. Paura dell'aldilà quando si credeva nell'anima, paura della malattia e della morte quando quella fede è caduta. Susan Sontag, con i suoi scritti e i suoi libri, ha speso l'intera vita contro l'uso dell'immaginario a scopi repressivi, contro le fandonie di tutti i poteri, da quelli religiosi a quelli politici, che fanno uso della metafora e dell'interpretazione per contenere le condotte e limitare la vita degli uomini.

In Yahoo Answers leggo questo post di sei anni fa che merita una attenta riflessione:  Ho finito la chemioterapia per un tumore allo stomaco con metastasi all'ilo del fegato? Tra poco dovrò fare la TAC e la gastroscopia per vedere com'è andata. Durante le infusioni di chemio ho avuto modo di incontrare tante persone che da anni facevano questi cicli, altre che se ne sono andate all'altro mondo, altre che erano alle prime infusioni come me. Ho visto tanta ma tanta sofferenza!!!Io non voglio passare una vita a fare cicli di chemioterapia, perciò stavo pensando,che se con questi controlli dovessero presentarsi altre cellule, rifiuterò di sottopormi ad altra terapia. mi dispiace per la mia famiglia, per il mio bimbo, ma penso che vedere per anni un familiare in certe condizioni per poi comunque vederlo andare via, sia molto peggio. Vi chiedo, cosa ne pensate? Ovviamente rinuncio se non c'è speranza! Grazie a tutti.
Aggiornamento : Sicuramente la terapia allunga un pò la vita, ma a che prezzo?
Tra le diverse risposte la richiedente ha scelto la seguente. Mi sono permesso di renderla accessibile perché scritta con tante abbreviazioni.
La tua domanda mi ha toccato il cuore perchè mentre ti scrivo ho nella stanza accanto mio padre che dopo una lunga battaglia sta per lasciarci...
Un tumore allo stomaco con metastasi al peritoneo lo ha colto 1 anno e mezzo fa ...ha 43 anni e nonostante l'asportazione totale dello stomaco, le radio, le chemio e mille accortezze ....era tornato ad una vita quasi normale anche grazie alla grinta e alla voglia di combattere.... illusione di pochi mesi ed ora è crollato di nuovo tutto...le metastasi si son estese e da due mesi lo alimentiamo artificialmente perchè non riesce a metabolizzare nulla di solido...Nonostante ciò non si arrende...malgrado l'ascite aumenti...malgrado i giorni sempre uguali per lui che era attivo e pieno di energie. Ora la terapia del dolore lo sta aiutando molto ma vederlo cosi mi fa molto male.
Insomma...ti ho descritto la sua situazione e in base a ciò che vivo ti do il consiglio:
forse molti non lo condivideranno, ne sono certa vale sempre la pena di combattere per la vita e per chi amiamo....ma ad un certo punto dobbiamo guardarci dentro e scegliere per noi stessi, non solo in funzione di chi ci ama.
E' una malattia tremenda ma molti l'hanno sconfitta e tu potresti farcela...Nel caso non ci dovessero essere più speranze, io ti consiglio di non sottoporti ad altre terapie e concordo con te...quando è irreparabile le chemio ti allungano solo la sofferenza per poi arrivare stremata alla resa dei conti..l'ho visto sulla pelle di mio padre e per un 1 anno di sopravvivenza e ritorno alla vita, ora sta pagando amaramente il conto...perchè quando ha deciso di  sfinirti, la malattia va fino in fondo....ERA meglio evitare accanimenti quando le cose sono peggiorate, ma se rispondi bene alle chemio, combatti per te e per il sorriso di tuo figlio...troverai li la forza.
Non so perchè a volte ragiono freddamente, forse perche ora, vorrei avergli evitato certe sofferenze e mi sento impotente, non si può tornare indietro.
Settimo Sigillo di Bergman
Non mi resta che fargli scudo col mio cuore e dargli tutto il mio conforto, non ho più lacrime ma qualcuno lassù ci da tanta forza...ora mi basta un suo sorriso e l'idea di stare tutta la notte a guardarlo mi rasserena...malgrado tutto, malgrado la battaglia sia giunta al termine...malgrado la rabbia...
Credi fortemente che guarirai e che tutto si sistema...te lo auguro..cerca di essere positiva e non mollare... scusa per lo sfogo … ti abbraccio
Qui si apre un altro capitolo, molto delicato e con risvolti etico-deontologici. Quando staccare la spina e a chi spetta farlo? Concludo, per sdrammatizzare, con questa immagine che ho trovato nell'articolo del dott. Salvo Catania, tratta da medicitalia+. Sotto l'immagine della partita a scacchi tra il cavaliere e la morte, tratta dal film il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman, ha riportato la frase diWoody Allen: Le più belle parole non sono “Ti amo”, ma “E’ benigno!”  Io non so giocare a scacchi, mi toccherà giocare a "briscola" con la morte.

Come scaricano lo stress i chirurghi oncologi dello IOV?

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dott. Castoro e dott. Cagol, felici al termine della ferrata
Per vedere le foto della ferrata, clicca qui.  Per leggere una esauriente descrizione della via attrezzata con foto, clicca qui. A un amante della montagna come me, tenente della Julia, non poteva sfuggire l'avventura del dott. Carlo Castoro, direttore dell'Unità chirurgica dei tumori dell'esofago dell'Istituto Oncologico Veneto (IOV). Si è fatto convincere, dal suo primo assistente dott. Matteo Cagol, noto alpinista del CAI di Padova, con all'attivo alcune centinaia di scalate nelle Alpi come capocordata, a percorrere, per la prima volta, una via attrezzata  impegnativa sul Montalbano (Trentino). Trovo in internet che la ferrata che hanno scalato è una di quelle toste, da affrontare con buona preparazione fisica e ottima tecnica, anche di arrampicata. I tratti esposti sono molti e i due traversi iniziali, con appoggi molto unti, ne sono la massima espressione. Nella parte alta alcune pareti verticali sono state attrezzate per intero con pioli per agevolare il passaggio ma anche con questi, alcuni, possono trovare difficoltà vista la verticalità della parete e la distanza tra i pioli. È considerata una delle vie più difficili della regione. Offre un'arrampicata divertente e varia su un percorso immerso in un ambiente molto suggestivo. Richiede un notevole impegno atletico, in quanto risale una parete verticale, in alcuni tratti addirittura strapiombante, e l'utilizzo di mezzi artificiali è ridotto al minimo indispensabile. Le caratteristiche di verticalità e continuità, unite alla notevole esposizione ed alla limitatezza delle attrezzature, la avvicinano molto ad una vera e propria scalata. Richiede quindi una buona preparazione fisica e tecnica.

E' una Via ferrata che dopo molti anni dalla sua realizzazione -1976- è stata completamente rifatta con caratteristiche e disposizione delle attrezzature che ricordano molto le Vie attrezzate francesi. Il percorso che di per sé sarebbe ricco di diedri-camini-placche viene di fatto superato attraverso una notevole serie di cambre metalliche, in linea retta, senza possibilità e necessità di toccare roccia. Roccia che risultando però piuttosto "unta" sarebbe comunque di scarso aiuto. Tecnicamente le difficoltà della "nuova Mori" sono calate notevolmente però l'esposizione è rimasta ovviamente la stessa e quindi, in particolare alcuni traversi, NON sono assolutamente da banalizzare. In particolare proprio quest'ultimi hanno mantenuto parzialmente una certa dose adrenalinica che richiede di muoversi con cautela in quanto raramente, la roccia "unta" trasmette fiducia negli appoggi dei piedi. A tal proposito originali alcune zigrinature artificiali create per ovviare proprio alla mancanza di grip.

Tra le 52 scuole di specializzazioni in medicina istituite dall'Università di Padova, quelle in chirurgia sono tra le più impegnative (durata 5 e 6 anni). Terminata la specializzazione si devono fare dei concorsi per avere un posto in un ospedale. Chi sceglie poi di fare chirurgo oncologo merita tutta la nostra stima e riconoscenza per la sua professionalità e umanità, non è da tutti. Il volontariato e la mia patologia oncologica mi hanno fatto conoscere l'equipe chirurgica del dott. Carlo Castoro. Fanno parte dell'equipe: la dott.ssa Rita Alfieri, il dott. Matteo Cagol e il dott. Marco Scarpa (vedi foto). Sono un gastrectomizzato operato però non dall'equipe dello IOV ma dal dott. Bruno Martella della chirurgia geriatrica, ora soppressa. Posso testimoniare, ho l'ufficio di volontariato nello stesso piano degli studi della chirurgia oncologica dello IOV, che alla fine dell'intervento chirurgico, ad esempio al cardias, all'esofago o allo stomaco, che dura diverse ore, la stanchezza è tanta ma la soddisfazione di aver probabilmente salvato una vita è altrettanto importante.
Ma torniamo all'avventura alpinistica del dott. Castoro. Per la prima volta in vita sua, il Dott. Carlo Castoro, classe 1957, ha affrontato la via attrezzata suindicata. Gli fa fatto da guida il suo primo assistente chirurgo dott. Matteo Cagol, noto alpinista Padovano con all’attivo centinaia di scalate da capocordata nelle Alpi. Afferma il dott. Cagol che la scelta del percorso è coerente con l'alto livello chirurgico del suo primario; qualcuno ha avanzato un'ipotesi da film giallo.
Insieme ai due chirurghi era presente anche  Ivo Tarolli, classe 1950, Senatore della Repubblica nella XIII e XIV legislatura.

Profilo etico-deontologico di un chirurgo oncologo toracico

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Trovo nel sito del dott. Filippo de Marinis questo impegnativo profilo che contiene importanti affermazioni di principi e valori. Andrebbe però aggiornato a partire da novembre 2013, data dalla quale il dott. de Marinis è diventato  Direttore dell'Unità di Oncologia Toracica deI prestigioso Istituto Europeo di Oncologia (IEO).
Ricordo che lo IEO è una Società a Responsabilità Limitata con importanti azionisti.
Indirizzo: Istituto Europeo di Oncologia - IEO, Via Ripamonti 435, 20141, Milano
Telefono: +39 02 5748 9440; Fax: +39 02 9437 9235
E-mail: demarinis.filippo@virgilio.it; filippo.demarinis@ieo.it
Data di nascita: 24/04/1952
Mi sono permesso di sottilineare le parti del profilo che ritengo più significative.
Vi sono alcuni punti cardine del mio essere medico ed oncologo polmonare che mi piace riassumere ritenendo che qualifichino la mia “mission” professionale per chi mi voglia conoscere anche come persona.
Ho iniziato il mio tirocinio pre-laurea nell’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini nel 1977 (allora si chiamava Ente Ospedaliero Monteverde e comprendeva anche l’Ospedale Spallanzani) dove nel 1980 sono stato assunto come Assistente pneumologo e dove ancora oggi esercito come Primario di una unità di Pneumologia Oncologica. Non ho quindi mai cambiato Ospedale da oltre 30 anni e ritengo che questo non solo sia un segno di “appartenenza” ma anche di “soddisfazione”.
La mia formazione è stata esclusivamente rivolta allo studio ed alla conoscenza delle malattie tumorali respiratorie e per questo ho conseguito una duplice Specializzazione (Malattie Polmonari ed Oncologia Medica) ritenendo questo un “plus” non solo per me ma anche per i miei malati. Presto da sempre la mia attività professionale in esclusiva per il “mio” Ospedale perché sono un profondo sostenitore del SSN almeno fino a quando questo esisterà. Non lavoro quindi in case di cura private il pomeriggio, favorendo in questo modo un soggetto competitore per il “mio” Ospedale. Lavoro in questo modo per la organizzazione ed il funzionamento ottimale del mio reparto in assenza di altri interessi disturbanti, pur nelle disposizioni impostemi dalla realtà Regionale ed Aziendale.
Ritengo che in Oncologia, specie quella polmonare, fare Ricercaclinica sia fondamentale non solo per il livello di aggiornamento mio e dei miei collaboratori, ma soprattutto per i miei pazienti che hanno la possibilità di sfruttare subito le opportunità concesse dal Progresso medico anche se condizionati dalle regole imposte dalla Ricerca stessa. Ricerca clinica non significa “usare” i malati ma offrire delle possibilità aggiuntive di tipo terapeutico, negate nei reparti e negli ospedali che utilizzano solo farmaci in commercio. Fare Ricerca clinica significa maggiore garanzie, attenzioni, controlli, maggiore dialogo ed etica per il malato indipendentemente dal successo delle terapie. La Ricerca clinica, lo studio clinico, il protocollo a cui si partecipa, viene “controllata”numerose volte e da numerosi soggetti ed Istituzioni con maggiore sicurezza per il malato ed i suoi familiari rispetto alle terapie “standard” molto meno affidabili non nei loro risultati naturalmente ma nella loro applicazione clinica da parte dell’oncologo.
Nel rapporto con il malato credo nella parola, nel dialogo, nel rapporto umano, nel pensiero libero, nella “relazione” umana fra due “persone” a differente ruolo e specificità ma assolutamente paritario. Detesto l’onnipotenza del medico che si poggia per lo più sul bisogno, sul dubbio, sulla paura, sulla ignoranza, sulla angoscia del suo interlocutore e che di tutto ciò si alimenta negativamente. Cerco di offrire ai malati la possibilità, in ogni momento, di potere sperare e credere nel domani, ma fuori dai miti e dalle illusioni, a persone che pur deboli, fragili, impaurite, non devono perdere la loro dignità ed il loro pensiero di uomini. Non ho mai detto “..non si preoccupi..” ad alcun mio malato ritenendola una affermazione falsa e mistificante oltre che lesiva per la sua intelligenza. Non ho mai detto “….non c’è più niente da fare….” ad alcun mio malato e credo fortemente che la speranza per il domani si basi su decisioni concrete che riguardano l’oggi e che si possono e si devono sempre mettere in atto. Non credo tanto in Oncologia nella “cura” ma nella “presa in carico globale”: il paziente ed il suo familiare hanno necessità di un riferimento unico che si possa veramente occupare di tutto invece che inseguire e cercare persone, macchinari, consulenze… Una struttura ospedaliera basata sulla gestione specialistica, sulla quella della Emergenza, sulla possibilità del posto-letto, sul Day-Hospital, l’ambulatorio, la organizzazione della presa in carico domiciliare, e soprattutto sulla unicità del rapporto con il medico (ogni paziente ha come referente sempre lo stesso medico), rappresenta nell’attuale panorama regionale un valore aggiunto rispetto alla cosiddetta “erogazione di prestazioni”…Questa è la struttura ospedaliera nella quale lavoro.
Ritengo i familiari non un disturbo nel rapporto con il malato ma una parte integrante del sostegno globale al loro congiunto, purchè siano condivise con il medico conoscenze, volontà, obiettivi e speranze. Le “negazioni” o le “illusioni” dei familiari, non “proteggono” il malato ma ne offendono ulteriormente la dignità di persona. Al tempo stesso, ritenendo che tutti abbiano i loro tempi e le loro modalità di reagire ad eventi drammatici come può essere una diagnosi di tumore polmonare, cerco di lavorare per una comprensione degli eventi che stimolino nei familiari delle reazioni di reale aiuto per il loro congiunto in difficoltà.
Sul lavoro credo nei giovani e nella delega condivisa. Nel mio reparto, da quando nel 2000 sono diventato Primario, lavorano molti giovani specialisti (purtroppo ancora “precari” ) perché credo che i loro obbiettivi ed il loro modo di fare siano di stimolo a tutta la attività del reparto e che questo favorisca l’abbattimento della “soggezione” fra il malato ed il medico a tutto vantaggio per il primo. La delega permette a chi lavora con me di ricevere soddisfazione dalla sua autonomia che è il frutto però di discussione e condivisione decisionale continua che evita la cosiddetta verifica. Ogni giorno infatti abbiamo meeting di reparto per concordare e decidere sugli iter diagnostici e terapeutici sia per i pazienti degenti che in trattamento di day-hospital o ambulatoriale. Per concludere ritengo di mettere impegno nel mio lavoro ma soprattutto passione e questo si riflette nel mio essere percepito. Ho faticosamente appreso che non si può piacere a tutti perché le diversità nella vita sono tante, fin troppe, ma è anche vero che non apprezzando il monopolio ed i monopolisti sono un assertore della libera scelta soprattutto quando questa possa essere veramente libera...
Socio fondatore nel 2007 e primo Presidente per 5 anni  di AIOT (Associazione Italiana di Oncologia Toracica). Nel mio mandato la Associazione ha conquistato un posto di rilevanza nella comunità scientifica oncologica italiana, europea e Internazionale riguardo a una patologia che non trovava adeguata visibilità  nel contesto oncologico generalista.  A livello italiano, 300 iscritti, un sito web, un centinaio di corsi di aggiornamento, una Scuola di Oncologia Toracica con una sede permanente e decine di corsi residenziali, aggiornamento e FAD online, report congressuali, un gruppo giovani, Linee guida on line e in cartaceo e tante altre attività costituiscono il risultato del primo quinquennio. A livello europeo, l’accordo con Elsevier perché  Lung Cancer diventasse la rivista di AIOT, e l’ingresso nel board of directors  per fondare ETOP (European Thoracic Oncology Platform), hanno caratterizzato la attività di AIOT. A livello internazionale l’organizzazione   di CIOT la Conferenza Internazionale di Oncologia Toracica con una faculty internazionale, in lingua inglese,  con un meeting biennale ha rappresentato per l’Italia la novità che non c’era. AIOT ha innovato la comunicazione e l’aggiornamento scientifico e risulta ora un punto di riferimento imprescindibile nella comunità scientifica italiana.

Il Giudice Diego Mattelini è "passed away"

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Diego, Studente e Giudice
Ho preso parte il 3 febbraio 2014 alle esequie del giudice Luciano Fiscon di 58 anni nella Chiesa di Albignasego. L'ho conosciuto tramite il fratello Mario e la cognata Sandra. Era stato per diverso tempo giudice al Tribunale per i minori, poi al Tribunale civile di Rialto e, infine, in Corte d’appello, nelle sezioni penali. Lascia la moglie Pinuccia e le due figlie Silvia e Roberta.
Ora un altro lutto in Magistratura. Le sorelle Nella e Bruna, mie amiche, mi hanno avvisato che il giudice Diego Mattelini è "passed away" all'Ospedale di Verona e che i funerali si terranno a Padova, dove abitava, giovedì 23 ottobre alle ore 11, nella sala del commiato del Cimitero Maggiore. Uso il termine "pass away", utilizzato  negli USA perché dà il senso della continuità e non della frattura netta tra vita e morte. Come sarà questa interruzione è un grande mistero che ognuno interpreta secondo le sue credenze, filosofie e ideologie. Non potendo partecipare al commiato, per una visita oncologica, del Giudice Mattelini, gli dedico un post.
Ho conosciuto il giudice Mattelini tramite loro quando ero preside dell'I.T.I.S. "G. Marconi" di Padova e loro erano due amministrative della segreteria. Era stato come me un allievo della scuola; aveva conseguito il diploma di perito chimico. Nella foto, tratta dalla pubblicazione che ristampa il libro uscito in occasione del 25° anniversario della fondazione dell'Istituto, Diego Mattelini aveva 18 anni; la foto è stata inserita nel su fascicolo in occasione dell'esame di maturità. L'ho abbinata a quella più recente in cui veste i panni del giudice; come si cambia in tutti i sensi! L'esistenza di Diego Mattelini non è stata facile. Una malattia importante l'aveva colpito 20enne, ne era uscito bene. Non ce l'ha fatta invece contro il "cancer" che recentemente l'aveva colpito. Il percorso in Magistratura è stato il seguente: Padova, Palmi, Padova, Montepulciano, Treviso e Ferrara. Articoli sul  suo "pass away" sono apparsi su diversi quotidiani, riporto quello che ho trovato su estense. com (quotidiano on-line di informazione ferrarese), soprattutto per i commenti che attestano l'umanità e la professionalità del giudice Diego. Formulo ai familiari le più sentite condoglianze, in particolare alla figlia Guia studentessa di giurisprudenza. Le auguro di riuscire a continuare l'opera del padre.

Il tribunale piange il giudice Mattelini
Il giudice penale era attivo a Ferrara dal 2009, dove ha seguito alcuni tra i processi più importanti degli ultimi anni
Si è spento a soli 59 anni a Verona, dove era ricoverato da alcune settimane per l’aggravarsi delle sue condizione di salute, il giudice Diego Mattelini, ordinario della sezione penale del tribunale di Ferrara. Attivo nella città estense dal 2009, dopo aver intrapreso la carriera nel 1989, Mattelini era diventato in breve tempo uno dei magistrati più stimati sia per la sua preparazione giuridica che per il costante impegno personale, come dimostrato più volte sia nei grandi processi che in udienze per cause minori ma da cui spesso dipendono la vita e gli interessi dei privati cittadini. Il lutto, avvenuto domenica notte, ha scosso profondamente il tribunale di Ferrara, dove Mattelini era stato in servizio fino a circa due settimane fa svolgendo il proprio lavoro come di consueto, senza lasciar trasparire la preoccupazione per le proprie condizioni di salute. Con l’aggravarsi della situazione è seguito il ricovero a Verona, in una casa di cura specializzata che ieri sera ha reso noto ai familiari la tragica notizia della morte del giudice.

Fin dal suo arrivo a Ferrara, Mattelini aveva seguito alcuni dei processi penali più importanti e saliti alla ribalta delle cronache, come i casi “bad boys” sullo spaccio tra i giovani ferraresi, “Area-Riusa” (concluso con cinque pesanti condanne per corruzione a tecnici e amministratori pubblici) o sulla vicenda Solvay (conclusa invece con cinque assoluzioni, poi confermate in appello). I funerali del giudice si terranno a Padova, dove abitava con la moglie e una figlia, giovedì 23 ottobre alle ore 11, nella sala del commiato del Cimitero Maggiore.

18 Commenti in: “Il tribunale piange il giudice Mattelini” 
Antonio: Faccio parte delle FF.OO. ed ho avuto il piacere di conosce il Giudice in ambito professionale … l’Italia deve piangere un grande uomo … un grande giudice!!!
Alessandro: Era un bravo giudice. Condoglianze alla famiglia
POLIZIA PENITENZIARIA: E’ proprio vero oltre al tribunale piange anche la POLIZIA PENITENZIARIA che stimava e stimerà sempre il GRANDE e UNICO giudice. Un abbraccio alla famiglia. CI MANCHERAI ……TI RICORDEREMO SEMPRE.
Provocatore: NON E’ GIUSTO ERA UN GRANDE GIUDICE E ALLO STESSO TEMPO UNO DI NOI. CI LASCI UN GRANDE VUOTO.
Luca: Giudice d’altri tempi, se ne va a testa alta un grande uomo dal notevole spessore umano, la mia stima si unisce alla profonda commozione
Alfonso: Ho conosciuto per lavoro il Giudice e posso solo dire che non è giusto. Era una persona squisita e sempre disponibile.   BUON RIPOSO GRANDE GIUDICE
ARMANDO L'ORIGINALE: grande uomo, grande giudice, persona unica. RIPOSA IN PACE
Brancaleone: Veramente una bruttissima notizia; sono letteralmente senza parole. Riposi in Pace, Signor Giudice.
Salvatore: Sono stato da Lui giudicato, e posso acclamare la grande professionalità, la grande correttezza e l’enorme preparazione giuridica che lo contraddistingueva garantendo sempre in ogni momento tutti i diritti di difesa all’imputato. Grazie sig. Giudice, per averla conosciuta e aver avuto modo di ammirare la sua saggezza e capacità professionale, che Lei possa riposare in pace.
Lucidi: GRANDE GIUDICE, GARANTISTA, MA ALLO STESSO TEMPO SEVERO. IMPARINO DA LUI MOLTI SUOI COLLEGHI. RIPOSA IN PACE
Vincenzo: Riposa in pace Diego ci mancherai
Avvocato: La sua famiglia perde un grande uomo, noi perdiamo un grande giudice.
Connestabile: Augusta persona.  Giudice giusto. Sapeva giudicare e sapeva sorridere.
Giuseppe Luogotenente CC: Conosciutolo da Sost. Procuratore a Padova inizi anni ’90, ho potuto apprezzare la sua viva capacità professionale, la sua gradevole ed esemplare autorevolezza, ma soprattutto la sua eccezionale umanità con tutti, che metteva a proprio agio chi aveva a che fare con lui. La sua signora e la sua amata figlia, che stringo in un fraterno abbraccio, ne siano davvero orgogliose. Riposi in pace caro amico dottor Diego.
Sara Ingegnere: Ho collaborato in alcune occasioni con il dottor Mattelini come CTU: un Giudice brillante e preciso, paziente e pronto al sorriso. Sono felice di averla incontrata signor Giudice! Ci mancheranno la sua saggezza, la sua fermezza, i modi gentili, la positività; rimarranno gli insegnamenti e l’esempio che ci ha lasciato. Un ultimo saluto con stima e commozione.
Claudia: Ho appreso ora e sono sgomenta, condoglianze alla sua famiglia e….mi dispiace davvero molto.
Massimo Luogotenente CC: Ho avuto la fortuna di conoscere il Sig. Giudice Dott. Diego, da Sost. Procuratore presso il Tribunale di Padova, negli anni ho sempre apprezzato la Sua preparazione, praticità, autorevolezza, esemplarità e non comune umanità. I suoi consigli professionali e di vita, rimarranno sempre vivi in me e penso in tutte le persone che hanno avuto modo di conoscerlo. Sentite condoglianze alla famiglia. Vi sono vicino, ma ricordate che adesso dal paradiso avrete chi vi proteggerà e guiderà in ogni istante. Riposa in pace grande Giudice e caro amico.
Guia (la figlia del giudice che studia giurisprudenza a Trento): A nome mio e di tutta la famiglia volevo ringraziarvi per le splendide, sincere parole che avete avuto per il mio papà. Sono commossa nel constatare che tante persone lo amano quasi quanto lo amo io. GRAZIE MILLE A TUTTI

Molto bello anche l'articolo apparso sulla Nuova Ferrara dal titolo:Tribunale in lutto per il giudice Mattelini
Era un giudice galantuomo, dalla battuta fulminante e intelligente, mai fuori le righe. Sapeva farsi rispettare nelle aule dei suoi processi perchè rispettava tutti: dagli imputati ai legali, anche quelli più giovani, ancora acerbi di codice di procedura penale, che ascoltava con infinita e paterna pazienza. Era malato da tempo, e nelle ultime settimane, per le condizioni peggiorate era stato ricoverato in un centro sanitario a Verona, dove è morto domenica sera: aveva 59 anni, Diego Mattelini, giudice della sezione penale del tribunale di Ferrara, magistrato tra i più anziani ed esperti e apprezzato da tutti. Mattelini, che abitava con la famiglia a Padova, moglie e figlia laureanda in giurisprudenza, era entrato in magistratura nel 1989 ed era arrivato al Tribunale di Ferrara nel marzo del 2009. Conosciuto per il suo equilibrio e la sua concretezza in aula associata al massimo garantismo, aveva presieduto come giudice del collegio e gestito come giudice monocratico diversi processi importanti e delicati celebrati a Ferrara. Tra i tanti quello sulla Solvay (operai malati per sospetto collegamento con il Cvm, che valutò insussistente assolvendo gli imputati), sui 'Bad Boys' (con imputato il figlio di una collega, condannandolo) e 'Area-Riusa’ (per distrazione di fondi pubblici e truffa). Uno su tanti, anche l'omicidio del Sottomura, di un giovane tunisino ucciso con una katana (regolamento di conti per traffico di droga tra marocchini e tunisini) concluso con cinque ergastoli, che aveva deciso con i colleghi dopo anni che non veniva comminata, a Ferrara, la estrema e massima pena del nostro codice penale. La notizia della sua scomparsa è stata resa nota dalla famiglia nella serata di domenica ed è rimbalzata a Ferrara, in tutto l’ambiente giudiziario e forense dove grandissimo è il cordoglio che si registra tra gli addetti ai lavori per questo giudice che tutti definiscono galantuomo. Alessandra Palma, presidente della Camera penale, a nome dell’organismo che raggruppa i penalisti cittadini lo ricorda così: «Abbiamo saputo la notizia e siamo costernati: noi tutti possiamo affermare che era un giudice illuminato, un magistrato molto attento alle garanzie difensive e ancor di più era persona di grande intelligenza e umanità: siamo vicini alla famiglia e ai suoi colleghi». «Come magistrato - rammenta anche personalmente - l’ho sempre trovato corretto e attento alle regole processuali e della difesa. Era persona umana, disponibile al dialogo, e soprattutto rispettoso delle persone e ancor prima degli imputati». Piero Giubelli, presidente dell’Ordine Avvocati di Ferrara non ha dubbi: «Posso dire che per la giustizia cittadina è veramente una grande perdita la scomparsa di un giudice come Mattelini: non lo dico per circostanza, ma perchè era uomo e magistrato preparato e sensibile, e che sapeva dare i giusti spazi a tutte le parti del processo». «Mai maleducato, sempre rispettoso del nostro ruolo di avvocati - aggiunge Giubelli -, chiunque fosse il legale, dal più al meno preparato. Era persona squisita e alla famiglia e ai colleghi va tutto il nostro cordoglio come Ordine avvocati perchè per noi era ciò che ogni giudice dovrebbe essere, e senza ombra di dubbio, esprimo questa mia opinione a nome di tutti gli iscritti dell’Ordine». Nei suoi processi era famoso per la battuta fulminante, la sintesi intelligente e il rigore perentorio: «Sì, era magistrato attento alle norme e alle regole, molto pratico e sapeva coniugare la gestione del processo e i suoi tempi con il rispetto del diritto e delle norme, a volte rigorosissimo e anche quando si spazientiva non travalicava mai il limite della buona educazione. Aveva la battuta intelligente, al momento giusto, credo nessuno si sia mai offeso perchè sempre proferita squisitamente. E il rigore lo ha applicato anchequando si trattava di giudicare situazioni scomode su altri colleghi».

Concludo con il ricordo che Bruna ha pronunciato il giorno delle esequie: DIEGO, ci siamo conosciuti quando avevamo 18/19 anni, pieni di ideali e di voglia di cambiare il mondo; a quel tempo eri conosciuto fra gli studenti delle superiori come “Diegone del Marconi”,  poi a 20 anni la malattia ha cercato di tarparti le ali, ma non c’è riuscita; anche se molto faticosamente hai portato a termine la laurea in giurisprudenza, ma fare l’avvocato non era il tuo obiettivo, e allora hai continuato a studiare per il concorso in magistratura. In quel periodo, nonostante i tuoi di problemi,  mi sei stato vicino  in momenti molto importanti e difficili della mia vita, prima con il tuo affetto e poi con la tua professionalità, con la tua obiettività, con il tuo più unico che raro“stare al di sopra delle parti”, e hai continuato a farlo negli anni seguenti di “ordinaria esistenza”. Poi il tuo lavoro ci ha separato fisicamente quando hai fatto parte di quel “drappello” di  “giudici ragazzini” che lo stato ha mandato a combattere la mafia e la  ‘ndrangheta, e sei finito a Palmi;  ricordo le tue parole relative a quello che stavi vivendo: “guai a farsi offrire anche un caffè quaggiù!”. Ricordo il tuo dolore e la tua rabbia quando ti telefonai in occasione degli omicidi di Falcone e di Borsellino. Credo che quegli omicidi assieme a tanti altri, ti abbiano fatto prendere quell’impegno con te stesso di ritornare giù al sud a combattere quel tipo di criminalità, non appena la tua famiglia non avesse più avuto bisogno di te, impegno che il destino non ti ha permesso di portare a termine. In questi ultimi anni, dopo che sei tornato dalla Toscana, abbiamo ricominciato a vederci più spesso, una cena, una chiacchierata davanti ad una birra, uno scambio di libri (non ho mai capito, visti i tuoi orari di lavoro, quando tu trovassi il tempo di leggere tutte quelle montagne di libri!); quante volte hai declinato inviti a pranzi domenicali perché non potevi lasciare le tue “ragazze”, chiamavi così le sentenze che dovevi scrivere e che regolarmente ti portavi a casa il venerdì sera e nei giorni di ferie. Io credo di non aver conosciuto nessun altro così innamorato del proprio lavoro, anche se non ne parlavi mai se non in generale, mai un riferimento ad una tua sentenza, ad un processo….di cosa ti sei occupato lo abbiamo scoperto su internet dopo che ci hai lasciato. Ho sempre pensato che anche come giudice dovevi essere una persona speciale e l’ho verificato in questi giorni tristi, in cui mi ritrovavo a digitare il tuo nome su google, forse per sapere qualcosa di più su di te o forse solo per sentirmi meno sola, ed ho trovato alla fine di articoli che ti riguardavano, una serie di commenti che mi hanno letteralmente commosso e che mi hanno portato a pensare, che noi tutti dobbiamo sentirci onorati di aver conosciuto e amato un uomo così. Voglio condividere con voi le poche righe che ho trovato alla fine di un articolo intitolato “Il tribunale piange il giudice Mattelini”: (vedi sopra)
Diego, questa nuova vita ti sia più lieve.
A Guia, a Cinzia, a sua madre: siate orgogliose di lui!
Bruna (23 ottobre 2014)

Un esempio di buona sanità che mi riguarda: Ambulatorio Multidisciplinare di Osteoncologia dello IOV

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Un giornalista di una rete nazionale ci ha chiesto, avendo visto il mio blog di IASI-Pronto Anziano, se siamo a conoscenza di casi di mala sanità. Gli rispondo indirettamente tramite questo post, citando un caso di buona sanità che mi tocca personalmente. Per un caso di pessima sanità, di cui mi sono occupato in passato, faccio riferimento all'articolo del Corriere del Veneto del  02 luglio 2014.
Caso di Buona Sanità che mi riguarda
Come sapete la mia vertebra L2 è crollata a seguito della progressione dell'Adenocarcinoma Gastrico; ho effettuato la gastrectomia il 3 dicembre 2010.

La colonna vertebrale, detta anche rachide o spina dorsale, è il principale sostegno del corpo umano e di quello di molti animali: i vertebrati. Oltre alla funzione di sostegno, la colonna vertebrale assolve altre importanti funzioni; una protettiva e una motoria. La funzione protettiva perché questa protegge il midollo spinale e riduce la possibilità che urti o vibrazione arrechino danni al nostro corpo, mentre la funzione motoria perché, grazie alle sue articolazioni, la colonna vertebrale riesce a capacitarci di muovere la testa nello spazio, di piegare il corpo in avanti ed estenderlo in senso opposto, di fletterlo e di ruotarlo. I costituenti fondamentali della colonna vertebrale sono le vertebre, queste non sono tutte uguali fra di loro,  ma presentano diverse caratteristiche che ci consentono di farne una generica descrizione. Le vertebre sono costituite da un 'corpo vertebrale' che, insieme al cosiddetto 'arco vertebrale', delimita il 'foro vertebrale'. Attraverso la sovrapposizione delle vertebre si forma una specie di canale per via dei 'fori vertebrali', questo canale contiene il midollo spinale: la parte più importante del sistema nervoso centrale. Il corpo vertebrale è la parte più grande e resistente della vertebra, di forma pressoché cilindrica. Esso presenta tre facce, una superiore, una inferiore e una di contorno (detta anche circonferenza), l'arco vertebrale costituisce la parte posteriore della vertebra; esso è costituito da varie porzioni: due peduncoli, due masse apofisarie, due lamine, e un processo spinoso. (Wikipedia) Per vedere disegni della colonna vertebrale, clicca qui.
Ho fatto recentemente 5 sedute di radioterapia (tot. 20 Gy) e sto prendendo lo Zometa. Ma entrambe le terapie sono palliative e non curative. Sono seguito, all'Istituto Oncologico Veneto (IOV), dalla dott. ssa Chiarion Sileni e dai due collaboratori dott. Pigozzo e dott.ssa Valpione. Per capire come intervenire sulla vertebra la dott.ssa Chiarion mi ha prenotato per giovedì 23 ottobre una visita presso l'Ambulatorio Multidisciplinare di Osteoncologia dello IOV.  Alle ore 13.30 del 23 sono entrato nell'ambulatorio n. 6 e con grande sorpresa mi sono trovato di fronte ben 9 medici. Alcuni erano specializzandi in oncologia e radioterapia, altri strutturati in chirurgia del rachide, radioterapia, terapia del dolore e cure palliative e endocrinologia. Era presente anche la dott.ssa Chiarion che, prima che entrassi, ha spiegato ai colleghi la mia storia oncologica.

E' scritto sul foglio che mi è stato rilasciato. Ci sono indicazioni chirurgiche differenti per il crollo della L2:
1.   Intervento demolitivo (se solo quella vertebra è interessata da malattia), oppure;
2.   Approccio più conservativo con trattamento locale e stabilizzazione (crioablazione o vertebroplastica +/- stabilizzazione percutanea).
Per verificare se la metastasi ha intaccato solo la L2 o anche altre vertebre, eseguirò  il 04/11/2014 una risonanza magnetica nucleare (RMN) del tratto cervicale-dorso-lombare. Siccome soffro ogni tanto di parestesie alle mani si è deciso di analizzare anche le vertebre cervicali.
Considero la presenza di diversi specialisti un esempio di buona sanità.

Glossario
Percutanea: che avviene attraverso la pelle.
Parestesia 
La vertebroplasticaè una procedura chirurgica non da poco. Và consigliata in casi particolari.
La radioterapia ha le potenzialità di colpire la vertebra in toto e di diminuire l'effetto erosivo destrutturante della mestastasi, riducendo il rischio di crollo vertebrale evitando conseguenti danni neuronali midollari; contemporaneamente agisce in modo antalgico sulla decompressione delle terminazioni nervose. Va benissimo se associata a farmaci come i bifosfonati quali il pamidronato o lo zoledronato per aumentare il consolidamento dell'osso malato. Ne parli comunque con il suo oncologo per contattare il radioterapista per la Radioterapia sulle vertebre o, se ritenuta opportuna l'altra metodica, il chirurgo ortopedico o il radiologo interventista, sebbene, come le dicevo le indicazioni alla vertebroplastica sono molto limitate per i casi tumorali.
Dr. Filippo Alongi, Direttore Radioterapia Oncologica, Ospedale S. Cuore di Negrar (Verona)


La Vertebroplastica Percutanea è una procedura terapeutica mini-invasiva di Radiologia Interventistica per il trattamento delle fratture vertebrali dolorose sviluppata in Francia nella metà degli anni 80' ma che solo recentemente ha avuto diffusione in altri paesi europei e negli Stati Uniti. Essa consiste nell’iniezione attraverso un ago metallico appositamente conformato, introdotto sotto la guida combinata della Tomografia Computerizzata (TAC) e della fluoroscopia digitale, di un cemento osseo a bassa viscosità già da tempo impiegato in interventi ortopedici. Il cemento, denominato polimetilmetacrilato o PMMA, si diffonde all’interno del corpo vertebrale fratturato, prevenendo ulteriori cedimenti. Ciò determina una riduzione del dolore e consente a quei pazienti che hanno ridotto la propria attività fisica di riacquistare mobilità. Tale procedura ottiene ottimi risultati nel trattamento del dolore causato da Osteoporosi e Metastasi vertebrali. La Vertebroplastica Percutanea viene eseguita in anestesia locale e richiede il ricovero di un giorno, quindi preferibilmente in regime di Day Surgery. E' necessaria l'introduzione di pochi ml di cemento che determina il consolidamento dell'osso con conseguente risoluzione del dolore. La maggior parte dei pazienti (oltre il 90%) che hanno usufruito di tale terapia hanno riferito una cospicua o completa riduzione del dolore potendo così smettere di indossare il busto, ridurre o sospendere l'assunzione di farmaci analgesici e migliorare così la qualità della vita. La Vertebroplastica ha unicamente lo scopo di curare il dolore consolidando la frattura vertebrale; è pertanto indispensabile che i pazienti con osteoporosi vengano adeguatamente curati dallo specialista per l'osteoporosi per ridurre il rischio di insorgenza di nuove fratture su altre vertebre. Nei pazienti con Metastasi vertebrali la vertebroplastica non è in alcun modo da considerarsi come una terapia oncologica; i pazienti dovranno pertanto continuare ad eseguire le terapie oncologiche anche dopo di essa (es. Chemioterapia - Radioterapia)

Crioablazione percutanea delle lesioni ossee : tecnica
Previo posizionamento sotto guida fluoro-TC di aghi da biopsia ossea all’interno delle lesioni vengono coassialmente introdotti gli aghi da Crioablazione. Alternando diversi cicli di congelamento e riscaldamento si ottiene la necrosi e quindi la riduzione della massa tumorale. Inoltre la procedura permette un’importante riduzione della sintomatologia dolorosa e quindi un miglioramento della qualità di vita dei Pazienti. La procedura viene eseguita in anestesia locale con una durata variabile in base al numero e alle dimensioni delle lesioni. Al paziente viene richiesto di restare disteso a letto nelle successive quattro ore. La degenza prevista per la procedura è solitamente di 2-3 giorni con dimissione nella prima giornata post-trattamento con terapia antibiotica domiciliare. In ogni paziente vengono preventivamente valutate le indicazioni al trattamento e successivamente monitorati i risultati nel tempo attraverso visite clinico-radiologiche.
La stabilizzazione vertebrale lombare percutaneaattraverso un approccio posteriore è sicuramente un intervento meno aggressivo rispetto a quelli convenzionali ( chirurgia a cielo aperto ) nei riguardi del trattamento dell’ insufficienza segmentale lombare (LSI) , delle micro-instabilità e delle spondilolistesi. Grazie allo sviluppo di strumentari concepiti per il trattamento minimamente invasivo di una serie di condizioni della colonna vertebrale, è possibile ad oggi eseguire tale intervento con il minimo impatto sulle strutture anatomiche della colonna lombare. I vantaggi di questa opzione chirurgica sono essenzialmente rappresentati dalla mini-invasività: essa consente infatti al chirurgo di essere estremamente rispettoso dell’anatomia, pur ottenendo un’ottima fissazione ( stabilizzazione ) del segmento di colonna interessato. Ciò permette quindi un rapido recupero della stazione eretta e della mobilità da parte del paziente: in genere il carico viene concesso fin dal primo giorno post-operatorio ( con ausilio di ortesi ) con conseguente abbattimento dei giorni di degenza ospedaliera e precoce ritorno alle normali attività quotidiane e lavorative.

Sono stato dalla nutrizionista

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Referto della dott.ssa nutrizionista

Giovanni collegato al bioimpedenziometro
A quasi quattro anni dalla gastrectomia, il 24.10.2014 ho effettuato per la prima volta, presso il Servizio di Nutrizione Clinica dello IOV, una visita dalla nutrizionista dott.ssa Mariateresa Nardi. Motivo: ho avuto un calo ponderale di circa 4 kg, da 79 kg a 75 kg, credo a seguito della lombosciatalgia e desideravo capire come sono messo e cosa devo fare per il ferro e la vitamina B12. Mi ha collegato  4 elettrodi, rispettivamente, sul dorso delle mani e sul dorso dei piedi; ad essi vengono collegati dei fili conduttori, attraverso cui viene fatta circolare la corrente, che, attraversando le strutture corporee, subirà un calo della sua intensità dovuta all'impedenza associata alle strutture corporee; il segnale risultante (ovvero la risposta in termini di intensità elettrica) viene trasmesso ad un apparecchio trasduttore, che raccoglie i dati traducendoli in misure corporee. Ecco i grafici e i dati ricavati dallo strumento. Sotto riporto anche i grafici Biavector e Biagram con le zone ben definite.
dati rilasciati dallo strumento



Biavector
Biagram
Ho cercato di capire, da paziente esperto e con l'aiuto della nutrizionista, quello che ha scritto nel referto. Riporto quindi un glossario che spero sia attendibile. Ha anche redatto un'impegnativa con la richiesta di alcuni esami del sangue.

Glossario
Biavector: L'analisi vettoriale d'impedenza tramite nomogramma Biavector (BIVA=bieletrical impedance vector analysis) offre uno schema interpretativo immediato circa lo stato idrico e nutrizionale del soggetto. I valori bioelettrici di Resistenza (RZ) e Reattanza (Xc) misurati dallo strumento sono divisi per l'altezza del soggetto (conducibilità/metro) e plottati sul nomogramma. In base alla posizione del vettore sul grafico, si valuta  lo stato idrico e nutrizionale della persona. Migrazioni del vettore (identificato da un punto) lungo l'asse maggiore del nomogramma indicano variazioni a carico del comparto idrico exatracellulare, in particolare un accorciamento del vettore (spostamento del punto verso il basso) indica iperidratazione (è il mio caso), un allungamento del vettore (spostamento del punto verso l'alto) indica disidratazione.

Biagram:  Il BiaGram fornisce indicazioni estremamente precise sul rapporto tra la Massa Extracellulare e la Massa Cellulare,
  • Se la misurazione ricade nella zona 1, gialla (è il mio caso); questo indica che il soggetto ha un rapporto ECM/BCM>1.
  • Se la misurazione ricade nella zona 2, verde; questo indica che il soggetto ha un rapporto ECM/BCM=1, in altre parole per ogni Kg di massa extracellulare c'è un kg massa cellulare.
  • Se la misurazione ricade nella zona 3, viola; questo indica che il soggetto ha un rapporto ECM/BCM<1
Cachessia: La cachessia è una grave forma di deperimento organico, caratterizzata da progressivo deterioramento di tutte le funzioni metaboliche, con debolezza, anoressia e dimagrimento del 10-15% in 30-60 giorni, con escavazione dei tratti somatici (facies cachettica). Il lemma cachessia deriva dal greco καχεξία (κακός = cattivo + ἕξις = condizione). La cachessia nel tumoreè un processo dovuto all'infiltrazione neoplastica, all'emesi, alla chemioterapia o alla radioterapia, a forti dolori o a forte depressione e all'azione depauperante della risposta al tumore da parte dell'organismo tramite il continuativo rilascio di citochine quali TNF, IFN, IL-1, IL-6. Esse causano il riassorbimento di proteine, lipidi, glucidi, purine a partire dal tessuto muscolare e adiposo, determinando la perdita di peso. Il deperimento dell'organismo si accompagna quindi a edemi (per ipoproteinemia ed altre alterazioni dell'equilibrio idroelettrolitico) astenia, dispnea, anoressia, febbre, alterazioni del sensorio e agitazione psicomotoria. La cachessia non neoplastica può anche essere dovuta alla malnutrizione, all'alcolismo, all'anoressia nervosa, all'alterato metabolismo dei lipidi, delle proteine, al diabete, a malassorbimento, malattie endocrine come la cachessia pituitaria, l'alterata secrezione di ADH o ACTH, a demenza e altre sindromi neurologiche, all'assunzione di anfetamine.
Anasarca:  Edema generalizzato e di solito accompagnato da versamenti trasudatizi nelle cavità sierose (pleurica, peritoneale, talora anche pericardica). Si verifica in varie condizioni morbose (alcune nefropatie, scompenso cardiaco congestizio, gravi disprotidemie ecc.).
Torace: MV ubiquitario: Appoggiando l’orecchio o il fonendoscopio alla parete toracica si sente il Murmure vescicolare (MV). Murmure Vescicolare  Rumore caratteristico, dovuto alla penetrazione dell’aria negli alveoli polmonari, che si percepisce nei soggetti sani all’auscultazione del torace. L’assenza di m. v. può essere imputabile alla raccolta di liquido nel cavo pleurico (versamento pleurico) secondaria a processi infettivi, neoplastici, o a scompenso cardiaco.
Arti: Non edemi declivi:  Si tratta di edemi che si formano nelle parti più basse (più declivi) del corpo, quindi le gambe, soprattutto quando queste vengono mantenute immobili o quasi per molto tempo, come succede durante i lunghi viaggi in aereo, o a chi lavora in piedi muovendosi poco (camerieri, barbieri), alle persone anziane che non camminano per pigrizia e dolori alle ossa, ecc. La cura è il movimento e la compressione con calze.
Il BMI è nella norma, 27,4kg/m2: Il BMI (body mass index) ( o IMC = Indice di massa corporea), valore numerico ottenuto dal rapporto del peso espresso in Kg e l'altezza espressa in m al quadrato, è l'indicatore oggi più utilizzato nella valutazione clinica e nella classificazione del Sovrappeso e dell'Obesità.
Esami bioumorali, lieve calo dell'albumina: Vi è accordo sul fatto che la determinazione della sola albuminemia è in grado di fornire sufficienti informazioni per quanto ri-guarda il grado di malnutrizione proteico-viscerale; tra tutti
i parametri nutrizionali di tipo bioumorale, essa è quella che, in studi di ampi campioni di popolazione, risulta associata con aumento di morbilità e mortalità nell’anziano. In base ai valori di albuminemia è possibile inoltre classificare tre gradi di malnutrizione: lieve, moderata e grave. Un limite importante alla sua applicazione è rappresentato dalla lunga emivita (circa 20 giorni), che la rende marker poco idoneo a valutare modificazioni dello stato nutrizionale che si configurano in tempi brevi.( http://www.sigg.it/public/doc/DASCARICARE/138.pdf)

Alla bioimpendenziometria  angolo di fase superiore al 5° percentile di riferimento, lieve ritenzione idrica:
La bioimpedenziometria è una metodica utilizzata per la determinazione della composizione corporea (massa grassa, massa magra, acqua totale). L'impedenziometria misura l'impedenza del corpo ("bioimpedenza" o "bioresistenza") al passaggio di una corrente elettrica a bassa potenza e alta frequenza (50 kHz). 
PA: (Angolo di fase): misura la relazione fra resistenza e reattanza. In un soggetto sano questo valore è compreso tra 6 e 7 gradi. Valori sotto i 5 gradi indicano una rottura delle membrane cellulari o un accumulo di fluidi extracellulari (ritenzione idrica). Valori intorno ai 10 gradi indicano forte disidratazione o BCM superiori alla norma, come nel caso di sportivi professionisti.
Prother 30 bustine 10g costo 70€ non mutuabile La nutrizionista mi ha consigliato di prendere questo integratore. Concentrato di proteine isolate dal siero di latte ad alto contenuto di cisteina, dietetico ai fini medici speciali per regimi alimentari di soggetti con grave deficit proteico e/o di glutatione. E' in uso come modulo proteico particolarmente ricco in precursore del glutatione e trova applicazione nei deficit nutrizionali con aumentato fabbisogno e/o consumo di glutatione e in tutti quei casi in cui si deve supportare il sistema immunitario con nutrienti specifici.

Il suicidio assistito di Brittany Maynard

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Il suicidio assistito di Brittany Maynard, una ventinovenne americana con tumore al cervello in stadio terminale (glioblastoma), avvenuto il primo novembre 2014, non può passare sotto silenzio. Tutti i malati di cancer, specie quelli con recidive e metastasi, riflettono più degli altri sul fine vita. Ecco alcune riflessioni tratte da articoli che hanno preso posizioni pro e contro il suicidio assistito. Su questo tema non possiedo la verità, condivido il pensiero di Antonio Machado:

Tu verdad? No, la Verdad,
y ven conmigo a buscarla.
La tuya, guàrdatela.

La tua verità? No, la Verità,
e vieni con me a cercarla.
La tua, tienitela.
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-in-lingua-straniera/poesia-24931?f=a:3031>
Qual è la differenza tra suicidio assistito e eutanasia. Cito l'Enciclopedia Treccani: EutanasiaMorte non dolorosa di un paziente, procurata deliberatamente con la somministrazione di un farmaco letale (e. attiva), oppure con l’assunzione da parte della persona malata di un farmaco letale preparato da un medico (suicidio medicalmente assistito). (…)
Quali sono le cliniche dove viene eseguito il suicidio assistito? Due sono le associazioni che praticano il suicidio assistito in Svizzera: la Dignitas – vivere e morire con dignità, fondata dall’avvocato Ludwig Minelli nel 1998 a Forch, vicino Zurigo (che accoglie per la maggior parte persone straniere) e la Exit, a Berna. In Italia esiste un’associazione a favore dell’eutanasia,  Exit Italia, che fornisce supporto e informazioni a chi intende rivolgersi alle due associazioni svizzere. Quanti lo fanno? Circa 200 all’anno. Solo la Dignitas ha aiutato a morire quasi 1.200 persone negli ultimi 12 anni (la metà dei quali tedeschi).
Si parla spesso negli articoli che riporto di dignità ma cosa s'intende per dignità? Leggo nell'Enciclopedia Treccani: La condizione di nobiltà ontologica e morale in cui l’uomo è posto dalla sua natura umana, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e che egli deve a sé stesso. La d. piena e non graduabile di ogni essere umano (il suum di ciascuno), ossia il valore che ogni uomo possiede per il semplice fatto di essere uomo e di esistere è ciò che qualifica la persona, individuo unico e irripetibile. Il valore dell’esistenza individuale è dunque l’autentico fondamento della d. umana. (…)
Secondo Tommaso d’Aquino e la concezione cristiana, la d. dell’uomo sta nel suo essere creato a immagine e somiglianza di Dio e nella sua capacità di orientare le proprie scelte in una continua tensione etica verso Dio. Per I. Kant, la d. dell’uomo sta nel suo essere razionale e capace di vita morale, ed è ciò che gli impone di agire sempre «in modo da trattare l’uomo, così in te come negli altri, sempre anche come fine e mai solo come mezzo».
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Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita: nessuna condanna per questa povera donna che ha già sofferto abbastanza, l’unico che sa come stanno veramente le cose è Dio
Iacopo Scaramuzzi - Città del Vaticano
(….)“Molti malati terminali, questa è la mia esperienza di medico, hanno l’idea del suicidio, ma in Italia e in Spagna, ad esempio, nessuno praticamente lo mette in pratica, e, ad ogni modo, mai in vita mia ho consigliato a qualcuno il suicidio”, spiega mons. Carrasco de Paula a Vatican Insider. “Ma non credo che questa ragazza lo abbia fatto per codardia, per una riflessione intellettuale o per un sillogismo. La gente che ha avuto intorno non l’ha aiutata, è stata gestita da un gruppo pro eutanasia”, afferma il presule. Ad ogni modo, le proprie parole, aggiunge il presidente della Pontificia Accademia pro Vita, non sono “assolutamente una condanna di questa povera donna che ha sofferto già abbastanza”. Più in generale, nel caso di Brittany Maynard, così come in quello di Piergiorgio Welby – il malato italiano di distrofia muscolare progressiva, militante radicale, che morì nel 2006 dopo avere ottenuto che gli venisse sospesa la respirazione artificiale – “sono cose sulle quali non si può insistere”, commenta mons. Carrasco de Paula, “l’unico che sa come stanno veramente le cose è Dio, lui avrà capito e accolto”. (…)
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Ecco il commento di WIRED.it sulla dichiarazione di monsignor Carrasco de Paula
Ecco, un po’ in differita, il commento di Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la vita, sulla morte di Brittany Maynard.
Non giudichiamo le persone ma il gesto in sé è da condannare”, ha detto de Paula, che sarebbe come dire: “non giudichiamo le persone ma il furto in sé è da condannare”. Niente di nuovo, anche sull’aborto i commenti si insabbiano in equilibrismi impossibili: è il più atroce dei delitti, ma tu poveretta meriti il nostro perdono. Anche se non l’hai mai invocato.
Niente di nuovo, soprattutto, perché il Vaticano fa il Vaticano e non potrebbe essere altrimenti – almeno sul piano delle dichiarazioni ufficiali.
Ma le posizioni di de Paula somigliano a quelle di molti paternalisti laici, a quelle di chi non distingue una libera scelta da un giudizio di valore non richiesto. (…) Possiamo? O dobbiamo chiedere il permesso di tutti quelli che vogliono dare lezioni di dignità e venirci a dire come vivere?
Ma non avevo ancora letto la spiegazione definitiva: “Questa donna lo ha fatto pensando di morire dignitosamente, ma è qui l’errore, suicidarsi non è una cosa buona, è una cosa cattiva perché è dire no alla propria vita e a tutto ciò che significa rispetto alla nostra missione nel mondo e verso le persone che si hanno vicino”. Allora adesso ho capito. La missione nel mondo e verso gli altri, che evidentemente preferiscono in massa imporre la loro idea invece che chiedere al diretto interessato “cosa preferisci fare?”.
La vitaindisponibile, che trasforma un diritto in un dovere, è uno scenario peggiore di quegli orridi regali di cui non possiamo disfarci perché – ci hanno detto tante volte – non sarebbe gentile farlo.
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Caso Brittany Maynard e suicidio assistito: dove è possibile?
Poche questioni sono così personali o controverse come porre fine alla propria vita con una prescrizione - letale - di un dottore.
Il dibattito si è acceso, ancora una volta, con la pubblicazione di un video(con più di 9 milioni di visualizzazioni) dove Brittany Maynard, una ventinovenne con tumore al cervello in stadio terminale, annuncia la sua decisione di morire.
Il desiderio, condiviso con il mondo, è stato esaudito nella giornata di Sabato in Oregon, USA.
Brittany è morta con un vero suicidio assistito.
La Maynard è una delle 750 persone in Oregon ad aver ingerito una dose letale sotto prescrizione medica dal 1997 ad oggi. Con l’entrata in vigore della legge “Death with Dignity”, infatti, si individua il diritto ad una morte dignitosa e un protocollo per la sua concessione.
Negli ultimi 16 anni la richiesta di morire con suicidio assistito in Oregon è aumenta a tal punto da spingere altri stati ad adottare provvedimenti simili.
Le leggi di assistenza alla morte rimangono, tuttora, una calamita per dispute e riflessioni.
I requisiti per ottenere una dose letale in Oregon sono:

  • il paziente deve essere residente e avere più di 18 anni
  •  il paziente deve essere in grado di intendere e di volere
  • il paziente deve soffrire di una malattia terminale che lo porterà alla morte in 6 mesi
  •  la richiesta deve essere firmata alla presenza di due testimoni, uno dei quali non deve essere né un familiare, né il medico curante né chiunque sia interessato all’eredità del paziente
  •  il paziente deve aspettare 15 giorni per la dose letale
  •  il paziente può ritirare la richiesta in qualsiasi momento

I sostenitori della causa affermano che tutti i pazienti idonei (ovvero già in procinto di morire a causa di una malattia terminale) dovrebbero avere il diritto di scegliere come morire.
Gli oppositori ribattono, preoccupati che tale precedente possa essere oggetto di abuso.
Lo scontro va avanti da tempo. Negli anni novanta fece scalpore il caso di Jack Kevorkian, un medico che assisti più di 100 pazienti terminali portandoli ad una morte consenziente, con grande indignazione e grida di protesta dei cittadini americani e non.
Nel 2009, la classe politica americana (denominata dalla stampa, per l’occasione, la “giuria della morte”) si è riunita per organizzare un taglio dei costi per l’assistenza ai malati terminali. Infatti, più del 28%, o 170 miliardi di dollari, del fondo per la sanità è speso per gli ultimi 6 mesi di vita dei pazienti terminali, secondo il Medicare Newsgroup.
(…)Il presidente della pontificia accademia per la Vita ha poi fatto riferimento ad un caso personale. “Mio padre è morto per un cancro al cervello. Lui è stato un grande esempio di morte con dignità poiché fino all’ultimo ha adempiuto alla sua missione in vita, una missione che tutti abbiamo, fino all’ultimo singolo giorno”. Nel caso di Brittany poi, prosegue il Carrasco de Paula, “c’è da dire che è stata accompagnata in questo gesto da un movimento, Compassion&Choice, che l’ha convintae che ha una propria ideologia che risponde a una cultura che Papa Francesco ha sottolineato come cultura dello scarto. Quella cultura per cui ciò che non ci serve, ciò che diviene di peso per la società, anche come costi, lo buttiamo via”.(…)
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Parlate di quando moriretedi Ellen Goodman – Washington Post (articolo tradotto)
Il Washington Post propone di superare le divisioni sul suicidio assistito, tornate attuali con la storia di Brittany Maynard, e riprendere una discussione più ampia che riguarda ognuno di noi
(…) La decisione di Maynard di avere il controllo sulla fine della sua stessa vita è la storia di una persona su cinquecento. Letteralmente. Persino in Oregon, dove il suicidio medicalmente assistito è legale da più tempo, solo una persona su cinquecento tra quelle che muoiono in casi accomunabili a quello di Maynard fa questa scelta. Perché, mi sono chiesta, dobbiamo continuare a concentrare le nostre energie e la nostra rabbia in un dibattito che riguarda lo 0,2 per cento? E dell’altro 99,8 chi se ne occupa? (…)Un recente rapporto dell’Institute of Medicine sulla morte negli Stati Uniti descrive un sistema sanitario miseramente carente per ciò che riguarda la fine della vita. Troppe persone non muoiono nel modo che sceglierebbero. Troppe persone che sopravvivono vengono lasciate con sensi di colpa e depressione, a chiedersi se hanno fatto la cosa giusta. Se il suicidio medicalmente assistito fosse legale in ogni stato, sarebbe giusto una parziale riduzione di questa dura realtà. (…) Se tutte le persone che hanno visto quel video vogliono fare qualcosa che conta veramente, aprano a tavola una conversazione con le persone che amano, con le persone al posto delle quali potrebbero trovarsi a dover parlare. Sul sito www.theconversationproject.orgtrovate materiale d’aiuto per cominciare la conversazione. Ma cominciatela. Cominciate a parlare di quello che vi importa alla fine della vostra vita. Scegliete qualcuno che possa parlare al posto vostro, se voi non potrete parlare per voi stessi. Parlatene.
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Il glioblastomaè una forma di tumore del cervello che non lascia molte speranze, sia per quanto riguarda l’aspettativa di vita che, cosa ben più importante, per la qualità di quella che rimane da vivere. Oggi, grazie ai passi avanti della scienza medica, si riesce a vivere molto più che in passato; la media è di un anno e il 40% dei pazienti trattati con radioterapia e chemioterapia combinate arriva a due anni, ma questo non è necessariamente un bene perché gli effetti collaterali di queste terapie vanno semplicemente ad aggiungersi ai disturbi propri della fase terminale. Disturbi molto pesanti, che certamente impediscono di vivere una vita normale e che influiscono anche sulle capacità cognitive. (…)Naturalmente il partito dei no-choice a base cattolica non ha potuto fare a meno di reagire, ci mancherebbe altro, e per farlo ha ripreso la lettera che un seminarista di nome Philip, anch’egli trentenne americano con un cancro simile, ha scritto per Brittany quand’era ancora in vita. È chiaro che la sua decisione è stata invece quella di vivere fino alla fine, ed è altrettanto chiaro che questa scelta è rispettabile quanto quella contraria, ma il punto è che le due scelte non sono altrettanto rispettabili per tutti. Philip ha dalla sua il sostegno di chiunque, cattolici e laici, credenti e non credenti, e soprattutto quello di qualunque Stato del mondo, perché ovviamente non esiste uno Stato che uccida le persone che vogliono vivere. Per Brittany è valso il contrario. Lei non ha avuto tutti dalla sua parte. Sulla sua testa, come su quella della stragrande maggioranza della popolazione mondiale, pendeva un’irrevocabile condanna a vivere, a prescindere dalle eventuali circostanze avverse e dalla sua volontà. È per questo che ha dovuto cambiare residenza.
Ecco perché non possiamo essere d’accordo con Philip quando dice che la scelta di Brittany non è coraggiosa. Al contrario, è per quella di Philip che non ce ne vuole molto di coraggio, basta non fare nulla. Brittany non solo ha dovuto darsi da fare per riuscire nel suo intento, traslocando e spendendo denaro, ma si è pure attivata nella lotta per estendere a tutti la stessa possibilità. Qui sta il suo coraggio, il suo immenso altruismo. Altro che opzione “più concentrata su se stessa che sugli altri”. Parimenti non regge l’affermazione di Philip secondo cui “ogni giorno di vita è un dono e i doni possono essere tolti in ogni momento”. In realtà i doni non possono mai essere tolti, sarebbe estremamente scortese farlo. Possono invece essere messi da parte, o gettati via, quando non servono più o sono vecchi, senza per questo chiedere il permesso al donante. Perché i doni appartengono a chi li riceve.

Ho donato 2€ all'AIRC...ma i cioccolatini sono anticancro?

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Ricevo dall'Associazione Italiana Per La Ricerca Sul Cancro (A.I.R.C.), questa mail:
Ciao GIOVANNI, il cancroè secondo solo agli incidenti stradali come causa principale di morte per i bambini. E ogni piccola vita spezzata da questa terribile malattia è un futuro di sogni infranti. L’obiettivo è riuscire a curarli tuttie per questo averti al nostro fianco è indispensabile.
Solo con l’aiuto di persone come te, infatti, i nostri ricercatori potranno continuare a lavorare per permettere a un numero sempre maggiore di bambini di realizzare il sogno più importante: diventare grandi.

Ho donato 2€, ma riporto anche l'interessante articolo che ho trovato su WIRED.it dal titolo:
Airc rilancia i cioccolatini contro il cancro. Hai detto cioccolatini?


Ma come? Mentre la scienza continua a confermare i danni da zucchero e i rischi del sovrappeso sul cancro, l’Airc ripropone anche quest’anno i cioccolatini? “Sono pensati come qualcosa di piacevole e non tutti amano la frutta”.
Dal 3 al 9 novembre l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro promuove “I Giorni della Ricerca”, una settimana di appuntamenti per raccogliere fondi con trasmissioni, eventi nelle scuole e nelle piazze italiane. La cosa riguarda tutti, visto che oggi circa 3 milioni di italiani (quasi il 5% della popolazione) convivono con una diagnosi di tumore (fonte AIRTUM e AIOM) e, grazie ai progressi della ricerca, la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è al 63% per le donne e al 57% per gli uomini (nel 1990 era rispettivamente al 53% e 39%). Particolarmente elevata la possibilità di sopravvivere a tumori frequenti come quello al seno (87%) e alla prostata (91%).

Quindi benissimo sostenere la ricerca. Quello che mi sembra pazzesco, è che tra gli eventi di piazza, sabato 8 novembre, l’Airc abbia deciso anche quest’anno di offrire cioccolatini Lindt (distribuzione che poi proseguirà nelle banche Ubi). Volendo, si possono anche sfruttare le consegne gratuite dei portali di e-commerce Saldi Privati ed ePrice, per farseli arrivare direttamente a casa. Nel comunicato si motiva la scelta con le numerose scoperte a favore del cacao e del cioccolato, e non si dimentica di sottolineare che il cioccolato però fa bene se, e solo se, c’è poco zucchero e poco burro di cacao, e se trattasi almeno di cioccolato fondente. E quindi? Credo sia noto a tutti che i cioccolatini in questione hanno come primo ingrediente lo zucchero, ingrediente associato tra l’altro all’insorgenza di diversi tipi di tumore, e sono ricchissimi di grassi (hai presente la scioglievolezza?) che di nuovo favoriscono il cancro e il sovrappeso. Tra l’altro, come abbiamo avuto modo di ricordare di recente, la semplice lavorazione a cui è sottoposto il cacao per diventare tavoletta o cioccolatino taglia, e di molto, i flavanoli, le sostanze preziose per la salute. In più, i cioccolatini in questione non sono manco fondenti. Ho chiesto lumi alla Dottoressa Adriana Albini, direttrice del Dipartimento Ricerca e Statistica dell’ IRCCS Arcispedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia e della Fondazione MultiMedica Onlus di Milano, che per Airc lavora come volontaria da molti anni. Il suo imbarazzo è tangibile. “Mah, il cioccolatino è un modo per raccogliere fondi, è una piccola confezione, mette allegria. Io li ho assaggiati lo scorso anno e non mi sembrano così zuccherati…comunque il senso è farsi una coccola, chiaro che se li mangi tutti non fa bene alla salute”. Ah. E quindi perché non proporre le arance, come fate a gennaio, o un altro frutto, o una pianta come l’azalea della Festa della mamma?“Il problema è che poi magari il frutto non piace a tutti. E poi l’autunno è proprio il momento del cioccolato”. Uhm, mi sembra di capire che l’importante (per carità, importantissimo) è solo raccogliere fondi. Del messaggio che passa alle famiglie e ai bambini poco importa. E poco importa se l’obesità infantile (importante fattore di rischio anche per il cancro) vede l’Italia primeggiare in Europa, alla faccia della dieta mediterranea. Il senso della campagna dovrebbe essere secondo me anche quello di sensibilizzare le persone a uno stile di vita corretto, anche perché, come ci ricorda Airc, il 30% dei tumori si evita con abitudini sane. E significherebbe quasi un milione di malati in meno solo in Italia. Non vorrei essere fraintesa: io non dico che non dovremmo più mangiare cioccolatini. Dico solo che mi sembra improprio che un’associazione che lotta contro il cancro distribuisca cioccolatini, vantando allo stesso tempo le virtù del cacao, e diffondendo la falsa convinzione che mangiare un cioccolatino possa farti in qualche modo bene. Come amo ripetere: non demonizzo il cibo spazzatura, ma è fondamentale sapere che è cibo spazzatura. Allo stesso modo, è fondamentale sapere cosa può aiutarci di più a prevenire il cancro, secondo le più recenti evidenze: “La catechina presente nel tè verde, il licopene del pomodoro, il resveratrolo del vino rosso, le antocianine della frutta e verdura blu e viola (mirtilli, lamponi, melanzane), gli indoli dei cavolini di Bruxelles, la curcumina del curry, la capsaicina del peperoncino rosso e l’allicina dell’aglio. Hanno note proprietà salutari anche l’olio extra-vergine di oliva e il pesce ricco di acidi grassi poli-insaturi omega 3, come il salmone”, spiega Albini. Per quanto riguarda il cioccolato:“Se e solo se fondente (oltre il 70% di cacao), con poco zucchero e grassi, e in piccole quantità (ricordiamoci che è calorico) può portare molti benefici grazie agli antiossidanti che contiene, tra cui le catechine, simili a quelle del te verde”. Quindi ecco specificato che i cioccolatini al massimo fanno bene all’umore. Chiarito questo, stimo l’Airc e sostengo il lavoro dei ricercatori contro il cancro. “Lavoro con Airc da tanti anni– continua Albini – e posso garantire che ogni euro raccolto è distribuito seguendo stringenti criteri meritocratici, garantiti da commissioni internazionali. Facciamo un lavoro pazzesco, ma è tutto volontariato, perché Airc non ci dà nulla: ogni euro raccolto finisce dritto alla ricerca”. Per aiutare i ricercatori si possono donare 2 euro inviando un sms al numero 45503, o da telefono fisso scegliendo l’importo. I gestori devolveranno l’intero importo ad AIRC e il numero è attivo dal 29 ottobre al 17 novembre. Si può anche donare con carta di credito chiamando il numero verde AIRC 800 350 350 o su www.airc.it; tramite bollettino postale sul conto corrente 30 72 72 intestato ad AIRC o con bonifico bancario sul conto intestato ad AIRC presso UBI Banca (senza commissioni) IBAN IT23Q 0542801602 000000009390.

Se invece preferite i cioccolatini in piazza, mi raccomando, fateveli durare almeno fino a Natale!

“I numeri del cancro in Italia 2014”

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Tabella 11. Primi cinque tumori in termini di frequenza e proporzione sul totale
dei tumori incidenti (esclusi i carcinomi della cute) per sesso e fascia di età.
Pool Airtum 2007-2010.
* comprende sia tumori infiltranti che non infiltranti.


E’ disponibile online “I numeri del cancro in Italia 2014”, il quarto aggiornamento del volume frutto della collaborazione tra AIRTUM e AIOM. Oggi, 25 ottobre, in occasione del XVI Congresso Nazionale dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Roma, 24-26 ottobre), è stato presentato il quarto aggiornamento del volume “I numeri del cancro in Italia 2014” frutto della collaborazione tra gli epidemiologi di AIRTUM e gli oncologi di AIOM. I numeri sulla patologia oncologica in Italia dicono che la mortalità è in forte calo, ma evidenziano un forte incremento delle diagnosi di tumori del polmone tra le donne: in quasi vent'anni si è registrato un aumento del 61%. Le nuove diagnosi di tumore stimate per il 2014 sono 365.500 (1.000 nuove diagnosi al giorno). Sono 2 milioni e 900 mila i cittadini italiani che nel corso della loro vita hanno affrontato una diagnosi di tumore. L’ultima edizione de “I numeri del cancro in Italia" si arricchisce di stime di incidenza aggiornate, di un capitolo sull’incidenza di secondi tumori, uno sull’impatto del fumo di sigaretta, uno sui dati regionali e anche di schede specifiche per patologia sempre più dettagliate.
Leggi il comunicato stampa
Consulta il pdf del volume



COMUNICATO STAMPA - Presentata al Congresso nazionale AIOM la quarta edizione del volume sui numeri della malattia nel nostro Paese, frutto della collaborazione tra gli oncologi e gli epidemiologi dell’AIRTUM “TUMORI, CROLLA LA MORTALITÀ: DAL 1996 MENO 18% NEGLI UOMINI MA È BOOM DI CANCRO AL POLMONE FRA LE ITALIANE: PIÙ 61% IN 18 ANNI”. Il prof. Stefano Cascinu: “Il nostro sistema sanitario funziona: registriamo sempre meno decessi”. Sono 2 milioni e 900 mila i cittadini colpiti. Il prof. Emanuele Crocetti: “ Nel 2014, stimate 365.500 nuove diagnosi, la più frequente al colon-retto”. Il fumo di sigaretta sempre più killer al femminile. Roma, 25 ottobre 2014 – Le morti per cancro sono in netto calo. In circa vent’anni (1996-2014) sono diminuite del 18% fra gli uomini e del 10% fra le donne. Il numero di nuovi casi invece è sostanzialmente stabile rispetto al 2013: saranno infatti 365.500 nel 2014 (erano 366mila lo scorso anno, 364mila nel 2012 e 360mila nel 2011): 196.100 (54%) negli uomini e 169.400 (46%) nelle donne. Il merito è da ricondurre anche alle campagne di prevenzione, anche se il fattore di rischio più importante, il fumo di sigaretta, risulta ancora troppo diffuso. Un terzo degli italiani under 35 è fumatore. Con conseguenze allarmanti. Basti pensare che fra le donne il cancro del polmone, nelle aree coperte da registri tumore, in 18 anni ha fatto registrare un incremento pari al 61%. Complessivamente, il cancro del colon-retto è il più frequente con quasi 52.000 diagnosi stimate nel 2014, seguito da quello della mammella (48.000), del polmone (40.000),  della prostata (36.000) e della vescica (26.000). È il censimento ufficiale, giunto alla quarta edizione, che fotografa l’universo cancro in tempo reale grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), raccolto nel volume “I numeri del cancro in Italia 2014”, presentato oggi al XVI Congresso Nazionale AIOM in corso a Roma.“Il libro– afferma il prof. Stefano Cascinu, presidente AIOM – rappresenta uno strumento fondamentale d’aggiornamento sullo stato dell’oncologia nel nostro Paese, rivolto ai cittadini, ai rappresentanti delle Istituzioni e ai clinici. La mortalità, in costante riduzione, è il più solido degli indicatori e dimostra che il nostro sistema sanitario è efficace: di cancro si muore sempre meno. In questa edizione, abbiamo aggiunto un approfondimento sulla relazione fra fumo di tabacco e cancro a cinquant’anni dalla pubblicazione del primo report scientifico su questo legame, dati a livello delle singole Regioni e un rinnovato confronto fra la situazione italiana e Paesi simili al nostro per stile di vita e qualità dell’assistenza, in particolare Stati Uniti, Paesi Scandinavi, Francia e Australia. Una caratteristica demografica condiziona il nostro sistema sanitario: la crescente quota di anziani. Per questo il carico assistenziale in campo oncologico in Italia, derivato dalla somma dei nuovi casi, della sopravvivenza e dell’invecchiamento della popolazione, è molto più elevato rispetto agli altri Paesi. Oggi nella Penisola 2 milioni e 900mila persone vivono con una precedente diagnosi di tumore. E nel 2020 saranno 4 milioni e 500mila”. I decessi nel 2011 (Istat, ultimo anno disponibile) sono stati 167.303: ilcancro del polmone si conferma al primo posto per mortalità (33.706), seguito da colon-retto (19.077), seno (11.959), stomaco (9.957) e prostata (7.520).“Il big killer fra gli uomini– spiega il prof. Emanuele Crocetti, segretario AIRTUM - è quello al polmone (27%), al seno (17%) fra le donne. In questa edizione inoltre abbiamo inserito un capitolo sui cosiddetti ‘secondi tumori’ nei pazienti con cancro. Il rischio di ricevere un’altra diagnosi oncologica cresce con il tempo ed è, in media, del 4% per le donne e del 6% per gli uomini dopo 5 anni dalla prima malattia, del 6% e del 10% dopo un decennio, del 10% e del 14% dopo un ventennio e del 12% e del 16% dopo un trentennio. Questo incremento si registra in particolare nei tumori che condividono la stessa esposizione a fattori cancerogeni, come in quelli legati a fumo e alcol. In generale, i pazienti oncologici presentano un rischio maggiore del 10% di sviluppare un secondo tumore rispetto alla  popolazione generale”.
La pubblicazione è realizzata con il contributo di tutte le oncologie italiane (oltre 300) e della Rete  di Registri tumori italiani riuniti nell’AIRTUM, che comprende 40 Registri generali e 5 specializzati e condivide un archivio centralizzato. Nel complesso oltre 30 milioni di italiani, pari a più del 50% della popolazione residente totale, vivono in aree dove è presente un Registro tumori.
“Questi dati sono fondamentali anche per impostare campagne di prevenzione – continua il prof. Carmine Pinto, presidente eletto AIOM –. La nostra società scientifica da anni è impegnata in progetti di sensibilizzazione, indirizzati a tutti i cittadini, in particolare ai più giovani. L’AIOM anche quest’anno, con la quinta edizione del progetto ‘Non fare autogol’, entra nelle scuole superiori a insegnare le regole della prevenzione oncologica ai ragazzi con i campioni della serie A. Va ricordato che quasi il 30% degli italiani è fumatore abituale, incluso un laureato su cinque. Questo significa che i cambiamenti negli stili di vita sono ancora indipendenti dalla consapevolezza dei danni alla salute causati dalle sigarette, anche tra le classi più istruite della popolazione. È pertanto necessario più impegno. Secondo l’American Cancer Society, il consumo di tabacco è responsabile di circa il 30% di tutte le morti ogni anno nei Paesi industrializzati. In Italia, questa stima corrisponde a più di 180.000 decessi evitabili ogni 12 mesi. Smettere di fumare riduce, dopo 5 anni, del 50% il rischio di sviluppare tumori del cavo orale, dell’esofago e della vescica e, dopo 10 anni, di morire per carcinoma del polmone”. I cinque tumori più frequentemente diagnosticati fra gli uomini sono quello della prostata (20%), del polmone (15%), del colon-retto (14%), della vescica (10%) e dello stomaco (5%). Tra le donne, il cancro della mammella è il più diffuso (29%) seguito da colon-retto (13%), polmone (6%), tiroide (5%) e corpo dell’utero (5%). “La sopravvivenza a 5 anni– conclude la prof.ssa Stefania Gori, segretario nazionale AIOM -è aumentata notevolmente rispetto a quella dei casi diagnosticati nei quinquenni precedenti sia per gli uomini (57% nel 2004-2007 contro il 39% del 1990-1992) che per le donne (rispettivamente 63% vs 53%). Su questo risultato positivo complessivo ha influito il miglioramento della sopravvivenza in alcune delle neoplasie più frequenti: colon-retto (64% per gli uomini e 63% per le donne), seno (87%) e prostata (91%)”.

AIOM, SIMG e Pazienti: "Al via un'alleanza Ospedale - Territorio" -Ne abbiamo bisogno!

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Dall'AIOM Daily News n. 1

Si è svolto a Roma nei giorni 24-25-26 ottobre 2014 il XVI Congresso Nazionale dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM).
Nel sito dell'AIOM trovo tre AIOM Daily News:
n.1 del 24.10.2014 Scarica il Giornale Congressualein formato PDF (2.81 MB) 
n.2  del 25.10.2014 Scarica il Giornale Congressualein formato PDF (3.22 MB)
n.3 del 26.10.2014Scarica il Giornale Congressualein formato PDF (4.73 MB)
Nel n.1 c'è un interessante articolo che tratta dei risultati del primo sondaggio mai realizzato sul follow-up
“SERVE PIÙ COLLABORAZIONE TRA ONCOLOGI E MEDICI DI FAMIG LIA”
AIOM, SIMG E PAZIENTI : “AL VIA L’ALLEANZA OSPEDALE-TERRITORIO”
Cascinu e Pinto: “I dati dimostrano lo scarso livello di comunicazione tra specialisti e camici bianchi”
Il SIMG è la Società Italiana di Medicina Generale.
Il termine follow-up, proveniente dalla lingua inglese, indica una serie di controlli periodici programmati con lo scopo di diagnosticare prima della comparsa di sintomi una ripresa della malattia. Sul follow-up si legga l'interessante articolo sul Corriere della Sera - Sportello Cancro.
Tumori, le visite di controllo non possono durare tutta la vita
Troppo spesso si finisce per la linea del «meglio abbondare». Serve un’organizzazione migliore, anche per ridurre i costi.
Riporto due punti del commento al questionariocon riferimento all'AIOM Daily News.
Il  73% dei pazienti riconosce il valore della collaborazione fra oncologo e medico di famiglia per la gestione della sua malattia. Ma oltre la metà (54%) giudica oggi questo rapporto insufficiente. Opinione condivisa anche dai clinici: per il 57% di loro la cooperazione ospedale-territorio è inadeguata. Oncologi e medici di famiglia non si parlano o lo fanno poco e questo pesa nella gestione della patologia, soprattutto dopo la fase acuta.
"Nel nostro Paese quasi un milione di persone si sottopone a controlli di follow-up.  Dobbiamo dare loro la possibilità di essere seguiti per le visite di routine anche vicino casa, senza recarsi per forza nei centri oncologici – commentano il presidente Stefano Cascinu e il presidente eletto Carmine Pinto - Ecco perché è necessario creare un modello di condivisione del follow-up con i medici di famiglia. Un’alleanza che ottimizzi l’assistenza e diminuisca i tassi di ospedalizzazione durante la sorveglianza clinica. Ovviamente, in caso di necessità o di urgenza, il centro specialistico rimane sempre presente. Ma dobbiamo iniziare a deospedalizzare il più possibile la patologia oncologica”.
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