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I Cateteri Venosi Centrali e il prelievo del sangue

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Cateteri Venosi Centrali (CVC)
Ho già dedicato un paio di post al problema dei Cateteri Venosi Centrali (CVC). E' un tema, per chi è in cura con la chemio, di una certa importanza. Con la recidiva mi hanno impiantato sottocute un porth-a-cath, per evitare di cercare (intervento non facile) e bucare la vena per iniettare la chemio. Quando mi fanno prelievi del sangue o mi iniettano liquidi di contrasto, mi sono sempre chiesto: Perchè vanno in cerca delle vene e non utilizzano il CVC? Un amico virtuale, paziente oncologico come me, scrive: Vado in Rianimazione e l'anestesista comincia a farmi una predica (a me?!) dicendomi che l'HOHN non è fatto per "prelevare" ma solo per "infondere". La ragione è principalmente tecnica: il catetere come il mio è fatto da un tubetto di silicone, materiale estremamente flessibile, che se sottoposto all'aspirazione del prelievo, cioè ad una depressione, tende a collabire, cioè, a chiudersi (come deve essere). Anche il mio porth-a-cath, pur essendo diverso dall'HOHN, non viene usato per prelevare il sangue salvo quando non si debba fare un prelievo alcuni minuti prima dell'infusione della chemio.

Per approfondire l'argomento consiglio di visitare il blog  FAD infermieri e leggere i dossier infad, nel nostro caso quello dedicato alla Gestione Catetere Venoso Centrale. Riporto alcune frasi dal dossier citato.
Il catetere venoso centrale (CVC) è un tubicino di materiale biocompatibile (silicone o poliuretano) che permette l’infusione intermittente o continua di farmaci, terapie nutrizionali eccetera e l’accesso al sistema venoso. Va inserito in una vena centrale in modo che la punta si trovi nel terzo inferiore della vena cava superiore.
Il catetere ha l’obiettivo di garantire rispetto a un accesso venoso periferico:

  • la stabilità dell’accesso venoso;
  • la riduzione dalle complicanze infettive e trombotiche.
Il catetere venoso centrale ha il vantaggio di poter essere usato per trattamenti sia continui sia intermittenti.
Le dimensioni del diametro esterno del catetere sono espresse in French (1 French=0,3 mm).
Nell’adulto si usano cateteri da 6 a 9 French, mentre nei bambini il diametro del catetere è compreso tra 2,7 e 5,5 French. Il diametro interno del catetere invece è espresso in Gauge. Nel caso di cateteri a più lumi il Gauge si riferisce a ogni singolo lume. La lunghezza è espressa in centimetri. I cateteri venosi centrali possono essere classificati in: esterni; impiantati. I cateteri esterni possono essere tunnellizzati e non tunnellizzati. I cateteri tunnellizzati compiono un tragitto sottocute prima di entrare in vena, possono essere a punta chiusa (per esempio il Groshong) o a punta aperta (come l’Hickman e il Broviac). Tra i cateteri venosi centrali non tunnellizzati ci sono per esempio l’Hohn e i PICC (Percutaneous Introduction Central Catheter). Il catetere Hohn è un esempio di catetere non tunnellizzato a punta aperta non valvolato, il PICC invece è un esempio di catetere non tunnellizzato a punta chiusa. Il Port-a-cath è un catetere venoso centrale totalmente impiantabile, che può essere a punta aperta o chiusa e può avere uno o più reservoir. Sulla base della permanenza in sede i cateteri possono essere suddivisi in cateteri a:

  • breve termine, quando vengono lasciati per 3-4 settimane (per esempio Certofix);
  • medio termine, quando vengono lasciati per 1-6 mesi (per esempio PICC, Hohn);
  • lungo termine, quando vengono lasciati oltre i 6 mesi (per esempio Port-a-Cath, Groshong).
Il Port-a-cath è un catetere venoso centrale totalmente impiantabile che può essere sia a punta aperta che chiusa ed avere uno o più accessi (reservoir). Esistono anche dei sistemi collaudati per infusione ad alta pressione e quindi utilizzabili in radiologia durante l’esecuzione di una TAC con mezzo di contrasto.
Prelievo del sangue da catetere venoso centrale
In linea generale è bene limitare i prelievi di sangue dal catetere venoso centrale ed eseguirli da una vena periferica (in oncologia però questi cateteri vengono utilizzati di routine per i prelievi). Il passaggio di sangue dal catetere lascia infatti residui che potrebbero non essere rimossi se il lavaggio non viene eseguito correttamente. Questi residui possono favorire la formazione di microcoaguli che potrebbero diventare veri e propri trombi adesi alla parete del catetere fino a causarne l’occlusione.
Gli aggregati di fibrina sono anche un terreno idoneo allo sviluppo di germi patogeni e tale situazione può favorire un’infezione. I prelievi per i controlli della coagulazione devono essere eseguiti sempre in vena periferica e in particolare nei pazienti con infusione continua di eparina. In questi casi si raccomanda il prelievo da un accesso periferico per evitare alterazioni del risultato a causa di una diluizione errata o di una procedura scorretta del lavaggio. E’ possibile fare un prelievo di sangue dal catetere venoso centrale in caso di:

   situazioni di emergenza perché il prelievo dal catetere centrale consente un rapido accesso a una vena ad alto flusso;

   scarso patrimonio venoso del paziente.
Si devono evitare invece i prelievi per la glicemia quando si somministrano via catetere venoso centrale soluzioni glucosate, o se il paziente è in nutrizione parenterale poiché la sacca nutrizionale può influenzare i risultati di alcuni esami ematochimici. Infine bisogna evitare il prelievo dal catetere venoso centrale quando si usano cateteri con lumi molto piccoli perché si può avere un’emolisi. Nei bambini il prelievo di sangue viene eseguito spesso dal catetere venoso centrale per evitare il trauma della puntura della vena.
Procedura per il prelievo del sangue
Innanzitutto si devono lavare le mani e bisogna indossare i dispositivi di protezione individuale, in particolare i guanti e gli occhiali. Quando il catetere ha più lumi si utilizza quello di calibro maggiore per evitare l’emolisi e si sospende l’infusione. Se la via non è stata utilizzata si aspirano 5 ml di sangue utilizzando una siringa da 10 ml e si scartano perché si considera sangue contaminato (sangue di spurgo).  Si inserisce quindi il sistema Vacutainer e si aspira nelle provette la quantità di sangue necessario. Al termine va sempre eseguito un lavaggio con 10 ml di soluzione fisiologica con manovra pulsante perché la via deve essere pulita e senza residui ematici che potrebbero portare all’occlusione del lume.
Gestione del catetere venoso centrale
In genere vengono eseguite 3 emocolture, a distanza di circa 20 minuti. Si consiglia però di seguire le indicazioni del proprio Laboratorio di microbiologia.
Se la febbre persiste, le emocolture vanno ripetute ogni 72 ore, sempre da CVC e vena periferica, fino alla scomparsa della febbre.
Quando c’è il sospetto di un’infezione da catetere, va eseguito un esame colturale del catetere, della linea infusiva e del sito di inserimento, utilizzando la tecnica di coltura semi quantitativa.

Primo Levi: “Come nascono i lager? Facendo finta di nulla”

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L'amica virtuale Clara ci ricorda, mi ricorda che oggi è il Giorno della Memoria. Scrive: Per non dimenticare..... e per aiutare i tanti popoli ancora oppressi e perseguitati.
Ci ricorda di Primo Levi, chimico 4517, queste frasi:
Dovrei, forse, provare rabbia.
Provo, invece, vergogna.
La vergogna di essere uomo
.
Riporto dell'intervista dell'8 giugno 1982 una delle domande che più mi hanno colpito e la relativa risposta di Levi.
Lei ha scritto che sopravvivevano più facilmente quelli che avevano fede.
Sì, questa è una constatazione che ho fatto e che in molti mi hanno confermato. Qualunque fede religiosa, cattolica, ebraica o protestante, o fede politica. È il percepire se stessi non più come individui ma come membri di un gruppo: “Anche se muoio io qualcosa sopravvive e la mia sofferenza non è vana”. Io, questo fattore di sopravvivenza non lo avevo.
Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata in commemorazione delle vittime dell'Olocausto. È stato così designato dalla risoluzione 60/7 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005 durante la 42ª riunione plenaria. La risoluzione fu preceduta da una sessione speciale tenuta il 24 gennaio 2005 durante la quale l'Assemblea generale delle Nazioni Unite celebrò il sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti e la fine dell'Olocausto.
In questo giorno si celebra la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, avvenuta il 27 gennaio 1945 ad opera delle truppe sovietiche dell'Armata Rossa.(Wikipedia)

Noah: " La mia vita è la prova". La prova che si può vincere il cancro

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Noah a quattro e sette anni
Noah (Noè), 7 anni, ha sconfitto il cancro: la foto "prima e dopo il cancro" commuove il web. Nella foto, Noah malato di cancro a quattro anni, Noah sopravvissuto al cancro a sette anni. Questa foto, diffusa prima di Natale, dal Batson Children Hospital, una struttura ospedaliera del Mississippi, ha fatto il giro del web.
Noah è un bambino di 7 anni che a 4 si è ammalato di leucemia mieloide acuta, una forma rara e aggressiva di leucemia, testimoniata dalla parte sinistra della foto, che lo riprende pallido e privo di capelli, ciglia e sopracciglia (ma sorridente). A destra invece, Noah dopo la guarigione: il suo colorito è roseo, sano e vivo, con i capelli ma con lo stesso sorriso.
Anche se la battaglia non è stata facile, è durata tre anni, l'immagine diffonde un messaggio di speranza. Il Children's Cancer Center presso il Batson Children's Hospital, dove Noah è stato curato da un team di medici, infermieri e operatori sanitari, ha diffuso la storia di Noah. La foto  diffusa dall’ospedale, mostra il ‘prima e dopo’. L’intento del Batson Children Hospital è quello di infondere speranza a tutti i malati di cancro. Infatti sul sito ufficiale dell’ospedale, si possono leggere queste toccanti parole: “Il team che lo ha curato, e Noah stesso, ci hanno sempre creduto, e hanno avuto ragione”.  "My Life is Proof. "
" La mia vita è la prova". La prova che si può vincere il cancro.



La mamma di Freddie sta morendo, ma il suo amore vivrà per sempre

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Rowena, il piccolo Freddie e i biglietti
Sul Messaggero.it trovo questo struggente articolo dal titolo: Sta morendo di cancro, scrive i biglietti al figlioletto per i compleanni futuri
Sottotitolo: Sta per morire, così scrive una serie di lettere a suo figlio per ogni compleanno e occasione speciale.
Rowena sta morendo di cancro e per non far sentire la sua mancanza al piccolo Freddie quando non ci sarà più gli ha scritto delle lettere. Le lettere riguardano anche il giorno del diploma, della laurea e del matrimonio, fino al 21esimo compleanno. I biglietti contengono le classiche frasi di congratulazioni e auguri ma anche tutti quei consigli che la donna avrebbe voluto dargli durante la sua crescita ma che non potrà fargli.
La mamma sta cercando di abituare il piccolo alla sua assenza dicendo che se parlerà con il suo orsacchiotto quando lei non ci sarà più fisicamente sarà come stare insieme. «È straziante preparare mio figlio alla mia assenza», ha dichiarato la donna al Daily Mail, «Ho scoperto di avere il cancro all'intestino dopo la gravidanza, i primi sintomi del male sono stati confusi con l'attesa stessa di Freddie e poi ero troppo giovane perchè i medici potessero pensare a una tale malattia».
Dopo aver scoperto il cancro la donna confessa di non aver avuto paura della morte ma solo del non poter avere più figli, lei che ne voleva almeno 4, solo dopo che ha scoperto di avere una metastasi ha iniziato a pensare che forse non ce l'avrebbe fatta. «Sono gelosa di tutte le persone che trascorrono il tempo con Freddie e che potranno vederlo crescere», conclude Rowena, ogni ora che trascorro con lui è preziosa». (Messaggero.it)

Aifa e Sense About Science: “Cure miracolose”: la voce dei pazienti nella guida “Non ho nulla da perdere a provarlo”

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Da pag. 12 della Guida
AIFA pubblica guida per i pazienti sulle “cure miracolose” (29/01/2014)
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) rende disponibile un vademecum che affronta il tema, molto complesso, delle cosiddette “cure miracolose”, ovvero di quei rimedi, al di fuori dei canali della scienza medica, a cui vengono attribuite virtù eccezionali senza che vi sia alcuna evidenza scientifica a supporto.“Il ricorso a terapie non sperimentate” afferma Luca Pani, Direttore Generale dell’AIFA “conta numerosi precedenti nella storia, basti pensare al siero di Bonifacio, all’olio di serpente, o simili, anche molto attuali”. “La naturale propensione dell’uomo a voler credere che esista sempre una panacea per qualsiasi tipo di patologia” sottolinea Pani “è stata ulteriormente amplificata da quella straordinaria cassa di risonanza che è Internet.
da pag. 16 della Guida
Per un’agenzia regolatoria come l’AIFA è importante far capire ai cittadini la differenza tra il mondo della ricerca, che lavora, seriamente e con passione, per offrire trattamenti realmente efficaci e sicuri, e i venditori di speranze, i ‘pifferai magici’, che speculano sulla sofferenza della gente”. “Non ho nulla da perdere a provarlo”, la versione italiana ufficiale della guida per i pazienti realizzata dalla non-profit inglese Sense About Science, è stata tradotta e adattata dall’AIFA, che ritiene fondamentale mettere a disposizione dei pazienti, in particolare quelli affetti da gravi patologie, degli strumenti che permettano loro di riconoscere i trattamenti basati sulle prove scientifiche da quelli privi di presupposti rigorosi. La guida fornisce indicazioni concrete su come accostarsi alla enorme mole di notizie di medicina che circolano quotidianamente sui media, per permettere ai lettori di dare il giusto peso alle affermazioni riportate dagli organi di informazione in merito a terapie, nuove scoperte, ecc. Inoltre offre consigli su come valutare i costi finanziari e soprattutto emotivi che molte di queste terapie “alternative” spesso comportano e su come prendere una decisione in merito, mantenendo spirito critico ed equilibrio e resistendo alle pressioni che arrivano anche dal proprio nucleo familiare e dagli amici. Il vademecum illustra nel dettaglio e in modo semplificato il funzionamento delle sperimentazioni cliniche, del processo di sviluppo dei farmaci e del monitoraggio dei medicinali che segue la loro immissione in commercio. Parallelamente viene offerto al paziente un ampio ventaglio di fonti autorevoli e testi divulgativi, per avvicinarlo ai temi medico-scientifici fornendogli la possibilità di conoscere le esperienze analoghe maturate da altre persone che si sono trovate nella stessa situazione.
Consulta e scarica la Guida per i pazienti sulle "cure miracolose"
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Riporto l'introduzione e due affermazioni contenute nella Guida. 
Introduzione di Sarah Mehta dell'Associazione non profit Sense About Science che ha curato la Guida in inglese:
Ogni mese sui media compaiono dozzine di notizie che riguardano scoperte mediche e farmaci miracolosi. Internet è inondato di annunci e conversazioni nelle chat che raccontano di bene­ci incredibili. Queste storie generano la speranza di trovare un rimedio che offra qualcosa in più rispetto alle medicine convenzionali. Ma le prove a sostegno di questi supposti bene­ci non sono af­fidabili. Ciò produce insicurezza sui trattamenti da provare e su quale sia la linea di demarcazione. Come spiegarsi le storie di “guarigione”? Come distinguere il salutare dal fasullo, il probabile dall’incerto? Convivere con una condizione debilitante è diffi­cile, specialmente in mancanza di una cura o se i trattamenti disponibili non forniscono sollievo. Se il paziente avverte, da parte del medico, una mancanza di attenzione o di tempo, le terapie alternative possono acquisire un certo fascino. Anche se non è facile capire in cosa credere, ci sono delle domande da porsi. Per realizzare questa guida abbiamo lavorato con pazienti, operatori sanitari, medici, infermieri e istituti di benefi­cienza e abbiamo approfondito i metodi che utilizzano per analizzare, alla luce delle evidenze, le affermazioni eclatanti e prendere decisioni. 

La prima affermazione: “Circolano molte informazioni su come si possono prevenire o curare le malattie – in tv, su un giornale o nel passaparola. Alcune di queste informazioni sono corrette, mentre molte sono storie a metà, informazioni distorte o semplicemente erronee. Come facciamo a sapere quali sono corrette e quali no? Continuando a fare domande di solito è possibile distinguere la verità dalla ­finzione”. Prof. Martin Wiseman, World Cancer Research Fund (pag. 10).
La seconda: "È importante per me, perché negli ultimi 20 anni sono stata incoraggiata a provare così tanti farmaci o trattamenti costosi. Avrei fatto meglio a fare una bella vacanza. È la speranza che ci fa arrampicare sugli specchi. Noi abbiamo bisogno di fatti, non di parole”. (Rita Baillie affetta da sclerosi multipla, pag. 18)


 

Sta per morire, prepara 826 messaggi per la figlia

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Emma e Garth
Quando una persona giovane, madre o padre di bambini e adolescenti, impatta con un cancro di stadio IV e aggressivo, può reagire in molti modi. C'è chi nasconde la patologia ai figli per paura di angosciarli. C'è chi si chiude nella disperazione che a volte sfocia nel suicidio. Chi affida i pensieri, sentimenti, paure e ansie ad un blog, ad un sito o ad un forum. Ora ho scoperto una modalità diversa di comportarsi, nel post precedente e in questo: scrivere biglietti come testamento spirituale. Trovo su Yahoo! Notizie Italia questa storia molto simile a quella che ho citato nel precedente post.
Nel sito sono visibili alcune foto che mostrano i messaggi di questo meraviglioso padre, che dopo la diagnosi del cancro, ha continuato a scrivere i bigliettini per Emma. Queste note sono diventate una sorta di toccante testamento, un ricordo che la figlia non potrà mai scordare.
Sta per morire, prepara 826 messaggi per la figlia
A Garth Callaghan, 44enne della Virginia, è stato diagnosticato un cancro per ben 3 volte nella sua vita.

"Cara Emma, a volte quando ho bisogno di un miracolo,
ti guardo negli occhi e capisco che ne ho già creato uno.
Con Amore, Papà."

I dottori gli hanno dato circa l'8% di probabilità di sopravvivenza, ma questo non è riuscito a scalfire la sua forza d'animo. Ogni giorno questo meraviglioso padre lascia un messaggio per la figlia Emma, scrivendolo sui tovaglioli o sui fazzoletti che poi mette nella sua scatola del pranzo. Un messaggio per ogni giorno di scuola. Così che Emma sappia quanto sono vicini, nonostante tutto.
L'amica del Forum V. L. commenta la storia di Rowena, che ho riportata nel precedente post, con queste frasi: Mamma mia che angoscia, una mamma che carica di aspettative il figlio anche da morta... Indicandogli con le sue lettere anche le tappe obbligatorie di una esistenza "normale" pensa se vuole fare il pescatore d'altura o non si vuole sposare. 
Risponde indirettamente Garth Callaghan, su Today News, spigando il significato delle note sui tovaglioli:"Questa non è una storia di cancro, perché ogni genitore in qualsiasi momento potrebbe essere investito da un'auto o  avere un attacco di cuore". "E' un modo per lasciarle  in eredità ad Emma i miei pensieri affinché possa conoscere la mia filosofia di vita e quanto l'amo."

Risarcito con 350.000 € per lo stomaco sano asportato, il mio estirpato ma malato costa molto meno, anzi...

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Sono apparsi di recente sul quotidiano il Mattino di Padova e sulla Nuova Venezia, quotidiano di Venezia, gli articoli di cui riporto i link. Parlano di un maxi-risarcimento di 350 mila euro a un pensionato veneziano operato di un cancro allo stomaco che non aveva. Un risarcimento liquidato dalle compagnie assicuratrici dell’Azienda Ospedaliera di Padova (dove aveva effettuato l'intervento chirurgico) e del poliambulatorio di Mestre (dove aveva effettuato la gastroscopia e l'esame istologico) al quale si era rivolto per una visita. L’accusa contestata al gastroenterologo è di lesioni colpose aggravate in quanto è stato prodotto un indebolimento permanente di un organo, appunto lo stomaco. Ma il reato è prescritto perché i fatti risalgono al 2006.
Ho chiesto ad un chirurgo: Anche per il mio stomaco, conservato sotto formalina, posso chiedere 350.000 €?
No caro - mi risponde - il tuo era veramente ammalato e quindi costa molto, molto meno, anzi dovresti pagare tu.
Nuova Venezia (24 settembre 2013 di Cristina Genesin): "Veneziano operato allo stomaco, ma il tumore non c’era. Diagnosticato da un medico che lavorava a contratto al Policlinico San Marco: denuncia per lesioni"[http://nuovavenezia.gelocal.it/.../operato-allo-stomaco...] 
Mattino di Padova (sempre di Cristina Genesin): "Pensionato operato, ma il cancro non c’era. Fa causa civile e ottiene 350 mila euro dalle assicurazioni. Un medico indagato ma il reato è prescritto". [http://mattinopadova.gelocal.it/.../pensionato-operato-ma...] 
Segnalo anche l'articolo che tratta del  risarcimento per un caso contrario: Cancro al polmone diagnosticato tardi. L’Usl paga 300 mila euro   (La Nuova Venezia, Francesco Furlan,  14 settembre 2012)
http://nuovavenezia.gelocal.it/cronaca/2012/09/14/news/cancro-diagnosticato-tardi-l-usl-paga-300-mila-euro-1.5699068

Spettacolo a favore dell'Istituto Oncologico Veneto

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Ricevo dal dott. Bruno Bandoli, Comunicazione e Marketing, Istituto Oncologico Veneto - IRCCS, Tel. 049 - 821 5775 | Cell. 334 6379676, bruno.bandoli@ioveneto.it, questa mail che volentieri pubblico.
Certo di fare cosa gradita, informo che domenica 9 febbraio 2014, alle ore 16,30 presso l'Auditorium del Centro Culturale San Gaetano di Padova si svolgerà la rappresentazione teatrale "BROADWAY" con la Compagnia dei Sec@atori e la regia di Andrea Nao.
L'esilarante commedia, tratta dal film "Pallottole su Broadway" di Woody Allen, vedrà l'autore "giocare" con i suoi personaggi, accompagnandoli nel racconto con brio e sottile malinconia.
La Compagnia dei  Sec@atori è composta interamente da dipendenti e collaboratori di Sec Servizi, Consorzio fra Istituti Bancari.

Domenica 9 febbraio 2014, ore 16,30
"BROADWAY" Commedia rappresentata dai Sec@atori
Auditorium del Centro Culturale San Gaetano
Via Altinate, 71 - Padova
Ingresso a offerta libera devoluta allo I.O.V.

Colgo l'occasione per informare che l'edizione 2013 de "Il Natale della Ricerca", appuntamento con la solidarietà, si è conclusa con successo: grazie alla distribuzione di n. 5.000 mini panettoni donatici dal Gruppo Alì&Aliper abbiamo potuto raccogliere oltre 19.600 euro.
Grazie a quanti di Voi si sono personalmente impegnati per poter raggiungere questo importante risultato, proponendo i panettoncini IOV tra amici e conoscenti.

Domenico Mantoan Commissario dell’Istituto Oncologico Veneto

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COMUNICATO STAMPA DEL PRESIDENTE ZAIA

DOMENICO MANTOAN COMMISSARIO DELL’ISTITUTO ONCOLOGICO VENETO

(AVN) Venezia, 24 gennaio 2014

Il Direttore generale dell’Area sanità e sociale della Regione Veneto, Domenico Mantoan, è stato nominato oggi Commissario dell’Istituto Oncologico Veneto. Il Commissario, la cui attività sarà svolta a titolo gratuito, entrerà nelle funzioni il 1 febbraio p.v.. La scadenza dell’incarico è fissata al 31 dicembre di quest’anno.
La nomina di Domenico Mantoan, come recita il decreto di nomina firmato oggi dal Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, si è reso necessario per le dimissioni, rassegnate prima della naturale scadenza dell’incarico, dall’ex Presidente Pier Carlo Muzzio.
Occorre quindi garantire la continuità gestionale, afferma sempre il decreto di nomina, “anche alla luce delle linee di indirizzo tracciate dal PSSR, approvato con L.R. del 29/5/2012 n. 23, che ha riconosciuto allo IOV il ruolo di centro hub per il coordinamento del network assistenziale per assicurare tempestività nella presa in carico dei pazienti, continuità dell’assistenza, equità nelle condizioni di accesso e controllo dell’appropriatezza”.

Nello stesso tempo, “coerentemente con le determinazioni assunte con la DGRV n. 2067/2013 relativa all’istituzione delle rete oncologica regionale – da implementare nel territorio a cura dello IOV – si impone una riprogettazione delle modalità con le quali erogare l’offerta di salute al paziente oncologico, attività che si ritiene di svolgere attraverso il coordinamento di una figura professionale dotata dei medesimi poteri del Direttore generale”.

Il Presidente del Veneto, Luca Zaia, nell’augurare buon lavoro a Domenico Mantoan, ha voluto ringraziare Pier Carlo Muzzio per la preziosa opera svolta per l’affermazione dello IOV quale polo di ricerca e cura, e Maria Giacobbo che in questi mesi lo ha gestito.

COMUNICATO STAMPA N°. 190 (Presidente)

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Sul Mattino di Padova del 25 gennaio 2014 si legge:

IL DIRETTORE DELLA SANITÀ: «AGLI ORDINI»

Mantoan commissario all’Iov tra sei mesi concorso per il dg

PADOVA. Il direttore generale dell’Area sanità e sociale della Regione, Domenico Mantoan, è stato nominato commissario dell’Istituto Oncologico Veneto (IOV). Entrerà nelle funzioni l’1 febbraio e il suo mandato, a titolo gratuito scadrà il 31 dicembre prossimo. La nomina, recita il decreto di nomina firmato dal governatore Luca Zaia, si è resa necessaria per le dimissioni, rassegnate prima della naturale scadenza dell’incarico, dal presidente uscente Pier Carlo Muzzio, che Zaia ringrazia per la «preziosa opera svolta» al pari di Maria Giacobbo che in questi mesi ha gestito il polo di ricerca e cura oncologica di Padova. Il governatore è ricorso al commissariamento perché la rosa dei possibili candidati alla direzione generale non l’ha convinto appieno. Entro sei mesi, comunque, sarà bandito il concorso per il nuovo dirigente che potrà quindi assumere l’incarico all’Iov prima della fine dell’anno. Mantoan ha appreso la notizia a Maastricht dove si trova per visionare un ospedale modello del sistema olandese: «Agli ordini», il suo commento laconico.

Umberto Veronesi: Non si gioca a dadi con la vita dei malati

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Trovo nel blog di Umberto Veronesi questo interessante post dal titolo: Non si gioca a dadi con la vita dei malati
E' immorale che quando si arriva alla sperimentazione clinica i pazienti vengano divisi tra chi viene curato e chi non viene curato.
E’ immorale. Creando sensazione, l’ha affermato il Comitato Etico di questa Fondazione, e io lo ripeto, sempre più convinto che non dobbiamo abituarci a procedure e a sistemi che sembrano perfezionare i percorsi scientifici, ma in realtà vanno contro il bene dei pazienti.
Sì, è immorale che quando si arriva alla sperimentazione clinica – vale a dire la sperimentazione sull’uomo – i pazienti vengano divisi tra chi viene curato e chi non viene curato. I malati vengono assegnati casualmente, tirando a sorte, a due distinti gruppi. I primi prendono i nuovi farmaci, potenzialmente e quasi sempre più efficaci dei trattamenti standard somministrati agli altri. Se una cura non esiste, al secondo gruppo (il cosiddetto «gruppo di controllo»), viene dato un placebo, cioè una sostanza inerte, che equivale a un non-trattamento.

Trovo inaccettabile che si giochi a dadi con i malati, e voglio ricordare che quando nel lontano 1973  io e il grande filosofo della scienza Giulio Maccacaro fondammo all’Istituto dei Tumori di Milano il primo comitato etico in Italia, scrivemmo sulla porta della stanza in cui ci riunivamo una frase che riassumeva in modo efficace i doveri che la scienza e la medicina hanno verso l’uomo: «Tutto è concesso all’uso della scienza per l’uomo; tutto è negato all’uso dell’uomo per la scienza».
La ricerca scientifica deve progredire per il bene dell’umanità, ma a mio parere nulla può essere anteposto al bene del malato, per quanto nobili possano essere le intenzioni e per quanto grandi possano essere gli obiettivi da raggiungere. A volte, per non imboccare una strada cattiva, alla scienza può essere utile ricordare che cosa succede quando si abbandona l’uomo. Non voglio citare i crimini dei medici nazisti, e mi limito a ricordare una storia che è successa in tempi abbastanza recenti nella civile e democratica America. Porta il nome di una piccola cittadina dell’Alabama, Tuskegee, ed è la storia della sifilide non curata. Fu addirittura il servizio pubblico della sanità ad avviare la sperimentazione, nel 1932. Si voleva seguire l’evoluzione naturale della malattia. Vennero reclutati, con la scusa di offrirgli cure contro il «sangue cattivo», 399 inconsapevoli afroamericani malati di sifilide, e altri 201 ai quali la malattia fu inoculata: un vero crimine, perpetrato su gente povera e quasi analfabeta, in una società razzista.
Nel 1940 fu scoperta l’efficacia della penicillina per curare e guarire la sifilide, ma lo studio (definito in seguito come «il più infame nella ricerca biomedica nella storia degli Stati Uniti») andò avanti per decenni.  Inutile raccontare le sofferenze e la morte di tanti uomini. E la funesta catena della malattia comunicata alle donne, le quali a loro volta la trasmisero ai loro nascituri. Vite perdute. Finalmente nel 1972 una fuga di notizie portò alla ribalta nazionale l’inqualificabile studio.  Ci fu un’indagine approfondita,  ma non si sa se i responsabili di questa ricerca «deviata» pagarono il prezzo della loro colpa. Il 12 luglio 1974 fu approvato il National Research Act, che dettava regole stringenti e istituiva una commissione per la protezione dei soggetti umani nella ricerca biomedica.
Nel 1997 il presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, chiese perdono alle vittime e alla nazione americana.  Ma non c’è un lieto fine. I Paesi del benessere e della democrazia forse ormai riescono a tenere in pugno la scienza delle ambizioni sbagliate e degli affari multimiliardari, ma i Paesi più poveri sono lì inermi, esposti ad ogni abuso. La chiamano «globalizzazione della ricerca», ma è un’altra cosa.

7° e 8° round del match "Giovanni vs Recidiva epatica"

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Che cos'è un cancer? Trovo e traduco dal dizionario del National Cancer Institute questa definizione di cancer: Termine usato per le malattiein cui cellule anomalesi dividonosenza controlloe possonoinvaderei tessutivicini. Le cellule tumoralipossonodiffondersi in altreparti delcorpo attraverso ilsistema sanguigno e linfatico. Ci sono diversitipi principali dicancro. Carcinomaè un cancroche inizianella pelleonei tessutiche rivestonooricopronoorgani interni. Sarcomaè un cancroche inizianelle ossa, cartilagine, grasso, muscoli, vasi sanguigni, oaltri tessuti connettivio di supporto. Leucemiaèun cancro che inizianel tessutoemopoietico, come il midolloosseo, e provocaun gran numero dicellule del sangue anomalecheentrano nel sangue. Linfomaemieloma multiplosonotumoriche inizianonellecellule del sistemaimmunitario. Tumori del sistemanervoso centralesonotumoriche inizianonei tessutidel cervelloe del midollo spinale. E' chiamato anchetumore maligno. 
Nella foto tratta da Wikipedia si mostra che quando una cellula normale viene danneggiata, essa viene eliminata mediante apoptosi. Le cellule cancerogene invece evitano l'apoptosi e continuano a riprodursi in maniera irregolare.


Ripercorro brevemente la mia storia oncologica. Il gastroenterologo dott. Fabrizio Cardin mi ha scoperto il cancer dopo una gastroscopia eseguita per riscontro di anemia microcitica ferropriva. Sono stato "felicemente" operato il 3 dicembre 2010, all'età di 69 anni, era un anno che ero in pensione, dall'ottimo chirurgo dott. Bruno Martella della Chirurgia Geriatrica (ora scomparsa dopo il pensionamento del direttore prof. Oreste Terranova). L'interventodi gastrectomia totalecon confezionamento di anastomosi esofago-digiunale T-L meccanica su ansa adefunzionalizzata alla Roux. L'oncologo, visto l'esame istologico,  ha sentenziato come un giudice di cassazione, senza appello: ADK stadio IV, (pT3,pN3,M0,G2). Dopo una discussione se fare o non fare la chemiol'umano e competente oncologo dott. Adriano Fornasieromi ha convinto ad eseguire 6 cicli di chemio (cisplatino+taxotere+pastiglie di Xeloda), ogni 21 giorni, iniziati il 3.2.2011(dopo 60 giorni dall'intervento) e terminati il 13.5.2011. Tutto bene per il resto del 2011. A gennaio 2012 i marcatori tumorali,  che non avevano mai dato segni di vita, hanno cominciato a muoversi. Eseguo diverse tac con mezzo di contrasto, una pet-tac, una colonscopia, una gastroscopia ed una ecografia con mezzo di contrasto. Dalla tac con m.d.c. del 9 di agosto 2013 è chiaro che ho una recidiva al fegato (vedi referto 9.8.2013).
Vengo ora seguito allo IOV dalla dott.ssa Vanna Chiaron Sileni e dal dott. Jacopo Pigozzo, competenti e umani oncologi. Si decide per 4 cicli di chemio ogni 21 giorni di cisplatino+xeloda (considerato che precedentemente avevano rallentato la malattia), che comincio il 22.08.2013 utilizzando il port a cath nuovo di zecca che mi ha inserito il bravo chirurgo dott. Matteo Cagol dell'equipe del dott. Carlo Castoro, e termino il 24/10/2013. Al termine dei cicli faccio una tac con m.d.c. (vedi referto 6.11.2013) e si nota una regressione della recidiva al fegato: il nodulo di 27 mm si era ridotto a 10 mm, quello di 13 mm era scomparso, scomparsi anche quelli di  11 mm e  9 mm. Anche i linfonodi addominali si sono ridotti in numero e dimensioni, il maggiore dei quali è 11x6 mm (precedentemente era  22x16m). Quindi la chemio ha fatto il suo dovere!! Visti i risultati dei prelievi, tutti compatibili con la randomizzazione, gli oncologi mi hanno proposto di tentare di entrare in uno studio nel quale si utilizzano 10mg/kg (nel mio caso 800 mg) diIPILIMUMAB (nome commerciale Yervoy), già usato con successo per il melanoma metastatico. Lo studio di fase II, randomizzato, in aperto, a doppio braccio, confronta l'efficacia di IPILIMUMAB  verso la miglior terapia di supporto somministrato dopo chemioterapia di prima linea in soggetti con tumore gastrico o della giunzione gastro-esofagea, non resecabile, localmente avanzato o metastatico. Il protocollo prevede di effettuare  4 cicli ogni 21 giorni di IPILIMUMAB, che ho terminato il 16/01/2014 e due controlli con tac: dopo due cicli (27/12/2013) e al termine dei quattro cicli (06/02/2014). I referti delle tac hanno evidenziato stabilità di malattia. Ora mi attende una nuova tac verso il 20 di marzo e se confermerà la stabilità riprenderò l'IPILIMUMAB ogni 3 mesi. Debbo ringraziare i medici, gli infermieri e i tecnici sempre disponibili, umani e competenti dello IOV.
Ora, terminata la fase di induzione, cosa accadrà? Se il referto della  tac, che effettuerò il 20 marzo circa, confermerà la stazionarietà della malattia, passerò alla fase di mantenimento, effettuerò cioè una infusione di IPILIMUMAB ogni 12 settimane.


Predirre se lo studio avrà successo è difficile. Sono circa 114 i soggetti in 40 centri di tutto il mondo che vengono sottoposti allo studio.
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Riporto, per meglio capire l'evoluzione della mia patologia, i referti delle tac con m.d.c. fatti presso l'ottimo reparto di Radiodiagnostica Oncologica diretto dal prof. Fabio Pomerri.

Tac con m.d.c. 20.6.2013: Progressione di malattia

Tac con m.d.c. 9.8.2013: Progressione di malattia
a livello epatico 

Tac con m.d.c. 6.11.2013: Stabilità di malattia

Tac con m.d.c. 27.12.2013: Stabilità di malattia
Tac con m.d.c. 6.2.2014: Stabilità di malattia













Giornata mondiale contro il cancro: 4 miti da sfatare

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Trovo sulla Stampa Salute questo articolo sulla "Giornata Mondiale contro il Cancro 2014: sfatare i miti", che fa riferimento a questo link World Cancer Day.
L'articolo si conclude con questa affermazione che condivido: E’ dunque giunta l’ora di fare più chiarezza su questa malattia, perché spesso è proprio l’informazione corretta e adeguata a fare la differenza tra mortalità e guarigione.
In occasione della Giornata Mondiale contro il Cancro che si celebra ogni anno il 4 di febbraio, gli esperti svizzeri dell’Union for International Cancer Control (UICC) intendono sfatare alcuni miti che ancora influiscono sulla percezione della malattia da parte dei cittadini
L’Union for International Cancer Control (UICC) della Svizzera, organizza ogni hanno la Giornata Mondiale contro il Cancro, che si celebra il 4 di febbraio.
In questa occasione, e facendo riferimento alla data, gli esperti dell’UICC intendono sfatare quattro miti che a tutt’oggi sono associati alla malattia.

Primo mito: non c’è bisogno di parlare di cancro.
Non è così, perché ci sono ancora tante cose che una persona comune può non sapere sul cancro. Per esempio, lo screening per il cancro dovrebbe essere fatto su base regolare in modo che questo possa essere rilevato in fase precoce e dunque più facilmente curabile.
Le persone possono magari trovare imbarazzante parlare di tumori che colpiscono il seno o i genitali, ma allo stesso tempo è probabile che si sentirebbero molto meglio nel parlare con qualcuno della loro condizione.
Ecco perché è importante e necessario incoraggiare le persone a parlare di cancro e diffondere informazioni circa la necessità di una diagnosi precoce, oltre a fornire informazioni e sostegno ai malati di cancro e a chi se ne prende cura.

Secondo mito: non ci sono segni e sintomi di cancro.
Anche se questa affermazione può essere vera per alcuni tipi di cancro, ci sono molti altri tipi di cancro che forniscono segnali di pericolo più o meno evidenti. E’ chiaro che bisogna prestare una certa attenzione per poter riconoscere questi segni per poi, se necessario, sottoporsi a ulteriori test diagnostici.
Gli operatori sanitari primari devono essere istruiti a riconoscere eventuali segni e sintomi di possibile cancro. Con queste conoscenze si possono eseguire anche semplici test di screening come esami clinici del seno e il Pap test.

Terzo mito: non c’è nulla che io possa fare per il cancro.
Questa affermazione forse poteva essere vera un tempo, ma oggi molto è cambiato.
Ora abbiamo a disposizione molte informazioni su come prevenire il cancro. Per esempio, evitare il fumo può ridurre le probabilità di cancro ai polmoni, un vaccino contro l’HPV può proteggere le ragazze dal cancro della cervice (o cervicale) e così via.

Quarto mito: io non ho il diritto a ottenere una cura per il cancro.
Ogni persona dovrebbe avere pari diritti nei confronti delle nuove cure per il cancro. Molte volte, le persone non ricevono cure adeguate a causa della povertà o inaccessibilità al trattamento. Tuttavia, è necessario che i Paesi garantiscano la parità di trattamento rendendola disponibile per tutti i pazienti oncologici, indipendentemente dal loro retroterra socio-economico.


Gioachino Belli : "Er caffettiere filosofico"

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Il cancer ti cambia la vita, sicuramente in peggio sia dal punto di vista fisico che psicologico, perché si percepisce improvvisamente il senso del limite, della precarietà  e della caducità dell'esistenza.  Esso viene stadiato in base alla gravità e all'aggressività e  a questi dati si lega la probabilità di sopravvivenza. Questa patologia ti cambia il modo di guardare il futuro e la tua filosofia di vita. Ma grazie al cancer puoi scoprire di aver delle risorse eccezionali, nuove vision, nuovi significati e nuovi valori.
Questa riflessione è scaturita dalla scoperta del sonetto di Gioachino Belli (Roma, 07/09/ 1791 – Roma, 21/12/1863) dal titolo: "Er caffettiere filosofo". Belli con i suoi 2200 sonetti romaneschi, composti in vernacolo romanesco, raccolse la voce del popolo della Roma del XIX secolo.
In quello citato Belli paragona l'esistenza degli uomini ai chicchi di caffè in corsa gli uni con gli altri verso la polverizzazione del macinino, che passano attraverso gli ingranaggi  prima uno dopo l'altro, è una bella ma pessimistica metafora. Li vedi rincorrersi, saltellare, girare dall’una all’altra parte per finire poi, irreversibilmente, frantumati dal macinino.
Come i chicchi anche gli uomini, chi prima chi dopo, calano nella gola del "pass  away", della fine dell'esistenza terrena. C'è il chicco che cade per primo, per secondo,  per terzo, sino all'ultimo chicco. Alla fine, il Belli non ne parla, i chicchi si trasformeranno in una finissima polvere che produrra un caffè dal buon aroma. Anche noi diventereremo polvere. La speranza è che rimanga il profumo delle esperienze, degli amori, dei sentimenti, degli affetti  e dei ricordi nei propri cari e negli amici. Ha senso allora arrabattarsi, sgomitare, smanettare, quando sicuramente ci aspetta, in fondo al nostro percorso, la malattia e la morte? Dobbiamo prendere la vita con la filosofia del caffettiere? Quali alternative abbiamo? Speranza e utopia devono guidare il nostro cammino terreno?
Friedrich Nietzsche: La speranza è il peggiore dei mali, perché prolunga i tormenti dell’uomo.
Giacomo Leopardi:Quando si percorre, carponi, un cunicolo sotterraneo, si arriva ad un punto in cui, essendo andati troppo oltre, si sa che tentare di tornare indietro equivale a morte certa. Andare avanti non dà certezza di sopravvivenza, ma questa incertezza equivale a una speranza
O speranze, speranze; ameni inganni della mia prima età! 
Ernst Bloch,  ne "Il principio Speranza" (Premessa)afferma:L'importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. Lo sperare, superiore all'aver paura, non è né passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L'affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli, non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all'esterno può essere loro alleato. Il lavoro di questo affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando e cui essi stessi appartengono.
Papa Francesco: “Non siate mai uomini e donne tristi: un cristiano non può mai esserlo! Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili (…) E ce ne sono tanti. E in questo momento viene il nemico, viene il diavolo, mascherato da angelo tante volte e insidiosamente ci dice la sua parola. Non ascoltatelo! Seguiamo Gesù!”

Aifa e Sense About Science: “Cure miracolose”: la voce dei pazienti nella guida “Non ho nulla da perdere a provarlo”

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Da pag. 12 della Guida
AIFA pubblica guida per i pazienti sulle “cure miracolose” (29/01/2014)
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) rende disponibile un vademecum che affronta il tema, molto complesso, delle cosiddette “cure miracolose”, ovvero di quei rimedi, al di fuori dei canali della scienza medica, a cui vengono attribuite virtù eccezionali senza che vi sia alcuna evidenza scientifica a supporto.“Il ricorso a terapie non sperimentate” afferma Luca Pani, Direttore Generale dell’AIFA “conta numerosi precedenti nella storia, basti pensare al siero di Bonifacio, all’olio di serpente, o simili, anche molto attuali”. “La naturale propensione dell’uomo a voler credere che esista sempre una panacea per qualsiasi tipo di patologia” sottolinea Pani “è stata ulteriormente amplificata da quella straordinaria cassa di risonanza che è Internet.
da pag. 16 della Guida
Per un’agenzia regolatoria come l’AIFA è importante far capire ai cittadini la differenza tra il mondo della ricerca, che lavora, seriamente e con passione, per offrire trattamenti realmente efficaci e sicuri, e i venditori di speranze, i ‘pifferai magici’, che speculano sulla sofferenza della gente”. “Non ho nulla da perdere a provarlo”, la versione italiana ufficiale della guida per i pazienti realizzata dalla non-profit inglese Sense About Science, è stata tradotta e adattata dall’AIFA, che ritiene fondamentale mettere a disposizione dei pazienti, in particolare quelli affetti da gravi patologie, degli strumenti che permettano loro di riconoscere i trattamenti basati sulle prove scientifiche da quelli privi di presupposti rigorosi. La guida fornisce indicazioni concrete su come accostarsi alla enorme mole di notizie di medicina che circolano quotidianamente sui media, per permettere ai lettori di dare il giusto peso alle affermazioni riportate dagli organi di informazione in merito a terapie, nuove scoperte, ecc. Inoltre offre consigli su come valutare i costi finanziari e soprattutto emotivi che molte di queste terapie “alternative” spesso comportano e su come prendere una decisione in merito, mantenendo spirito critico ed equilibrio e resistendo alle pressioni che arrivano anche dal proprio nucleo familiare e dagli amici. Il vademecum illustra nel dettaglio e in modo semplificato il funzionamento delle sperimentazioni cliniche, del processo di sviluppo dei farmaci e del monitoraggio dei medicinali che segue la loro immissione in commercio. Parallelamente viene offerto al paziente un ampio ventaglio di fonti autorevoli e testi divulgativi, per avvicinarlo ai temi medico-scientifici fornendogli la possibilità di conoscere le esperienze analoghe maturate da altre persone che si sono trovate nella stessa situazione.
Consulta e scarica la Guida per i pazienti sulle "cure miracolose"
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Riporto l'introduzione e due affermazioni contenute nella Guida. 
Introduzione di Sarah Mehta dell'Associazione non profit Sense About Science che ha curato la Guida in inglese:
Ogni mese sui media compaiono dozzine di notizie che riguardano scoperte mediche e farmaci miracolosi. Internet è inondato di annunci e conversazioni nelle chat che raccontano di bene­ci incredibili. Queste storie generano la speranza di trovare un rimedio che offra qualcosa in più rispetto alle medicine convenzionali. Ma le prove a sostegno di questi supposti bene­ci non sono af­fidabili. Ciò produce insicurezza sui trattamenti da provare e su quale sia la linea di demarcazione. Come spiegarsi le storie di “guarigione”? Come distinguere il salutare dal fasullo, il probabile dall’incerto? Convivere con una condizione debilitante è diffi­cile, specialmente in mancanza di una cura o se i trattamenti disponibili non forniscono sollievo. Se il paziente avverte, da parte del medico, una mancanza di attenzione o di tempo, le terapie alternative possono acquisire un certo fascino. Anche se non è facile capire in cosa credere, ci sono delle domande da porsi. Per realizzare questa guida abbiamo lavorato con pazienti, operatori sanitari, medici, infermieri e istituti di benefi­cienza e abbiamo approfondito i metodi che utilizzano per analizzare, alla luce delle evidenze, le affermazioni eclatanti e prendere decisioni. 

La prima affermazione: “Circolano molte informazioni su come si possono prevenire o curare le malattie – in tv, su un giornale o nel passaparola. Alcune di queste informazioni sono corrette, mentre molte sono storie a metà, informazioni distorte o semplicemente erronee. Come facciamo a sapere quali sono corrette e quali no? Continuando a fare domande di solito è possibile distinguere la verità dalla ­finzione”. Prof. Martin Wiseman, World Cancer Research Fund (pag. 10).
La seconda: "È importante per me, perché negli ultimi 20 anni sono stata incoraggiata a provare così tanti farmaci o trattamenti costosi. Avrei fatto meglio a fare una bella vacanza. È la speranza che ci fa arrampicare sugli specchi. Noi abbiamo bisogno di fatti, non di parole”. (Rita Baillie affetta da sclerosi multipla, pag. 18)


 

«La mammografia non salva la vita» La ricerca che divide gli scienziati

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Trovo sul Corriere della Sera Salute del 13 febbraio 2014 un articolo dal titolo: «La mammografia non salva la vita» La ricerca che divide gli scienziati
Sovra titolo: Studio su 90mila donne. Gli esperti: la prevenzione non va abbandonata
Sottotitolo: Il responsabile del lavoro: «Almeno per una paziente su 5 la diagnosi di tumore che risulta da questo esame è sbagliata»
La mammografia non salverebbe la vita alle donne. Secondo uno studio canadese, appena pubblicato sul British Medical Journal, lo screening mammografico, cioè l’indagine condotta a tappeto su persone fra i 40 e i 59 anni, non riduce la mortalità per tumore al seno, come ci si aspettava, se confrontato con la palpazione. (…)
PREVENZIONE - «Una cosa è certa - commenta Pierfranco Conte, professore all’Università di Padova e Direttore dell’Oncologia 2 dell’Istituto Oncologico Veneto Irccs (IOV) -. Con gli screening sono aumentate enormemente le diagnosi di carcinoma mammario cosiddetto in situ: un tumore che non dà metastasi, ma che viene però trattato con la chirurgia e la radioterapia». Molti tumori, infatti, possono anche scomparire, ma una volta che vengono intercettati, è impossibile sapere se sono pericolosi oppure no e vengono curati comunque. Secondo molti esperti, però, non è ancora arrivato il momento di cancellare i programmi di prevenzione (nonostante lo si sia già fatto per un’altra neoplasia, quella della prostata, la cui diagnosi precoce viene fatta attraverso la misurazione del Psa, l’antigene prostatico specifico, nel sangue), ma sarebbe prima opportuno rivedere tutti gli studi finora condotti, compreso quello canadese. Che ha il merito di aver coinvolto 90mila donne e di essere durato 25 anni ed è finora il più ampio riportato dalla letteratura medica, ma che ha anche qualche limite. (…)
IDENTIKIT DEI RISCHI - Gli screening, invece, sono costruiti in base al presupposto che la malattia sia unica. Ecco perché anche gli interventi per la diagnosi precoce andrebbero «personalizzati», «tagliati» cioè sul singolo paziente, esattamente come sta avvenendo per la terapia. Allora: se una persona ha familiarità per il tumore, ha un determinato profilo ormonale, ha certe abitudini che riguardano anche la vita sessuale, va seguita in maniera più accurata con i test (che oggi non contano più soltanto sulla mammografia, ma anche sull’ecografia o sulla risonanza magnetica) rispetto a chi non ha tutte queste caratteristiche. «Un identikit dei rischi - dice Di Costanzo - può permettere di individuare le donne che devono essere seguite con più attenzione. Magari anche con un risparmio sui costi».

Che tipo di paziente sei, ignorante o ignorante informato?

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Mi dice un amico medico: Caro Giovanni, ci sono pazienti ignoranti e pazienti ignoranti informati, i primi sono quelli che non usano internet per conoscere la loro patologia, si affidano completamente al medico, i secondi sono quelli che si informano sulle loro patologie tramite internet. L'allusione era per me, io sarei secondo lui un paziente oncologico ignorante informato. Trovo su Treccani.it questa definizione di ignorante:

Che non conosce una determinata materia, che è in tutto o in parte digiuno di un determinato complesso di nozioni. Ha senso oggettivo e spesso di modestia, se detto di sé stesso; riferito ad altri, è per lo più spregiativo  o offensivo.
Domanda: I professionisti di qualsiasi ordine o collegio vogliono dei clienti informati tramite internet? No!! Li vogliono ignoranti perche sono più facili da gestire, fanno meno domande. Ma allora che senso ha creare un'associazione dal titolo: (Chiama) -Informazione come cura?
Riporto da internet alcune riflessioni che ci aiutano a inquadrare il problema della comunicazione medico-paziente.

Le prime le trovo sul sito Treccani.it in un articolo dal titolo: La grande scienza - Saggi: PUBLIC UNDERSTANDING OF SCIENCE. Copio e incollo la parte riguardante una ricerca canadese sulla comunicazione tra medico e paziente. "Secondo alcuni studiosi gli stessi esperti contribuirebbero a rafforzare una rappresentazione del pubblico come 'ignorante'. Nel corso di uno studio condotto sulla comunicazione tra medici e pazienti, in un grande centro ospedaliero canadese fu distribuito un questionario allo scopo di saggiare il livello conoscitivo dei pazienti. Allo stesso tempo ai medici fu chiesto di stimare indipendentemente, per ciascun paziente, questa stessa conoscenza. I tre principali risultati ottenuti furono decisamente sorprendenti. Se da un lato, infatti, il livello informativo dei pazienti si dimostrava piuttosto buono (con una media del 75,8% di risposte corrette ai quesiti posti), meno della metà dei medici era invece riuscito a stimare accuratamente il livello conoscitivo dei propri pazienti. Infine, questa stima non era comunque utilizzata dai medici per adeguare il proprio stile di comunicazione al livello di informazione attribuito al paziente. In altre parole, il fatto di considerare un paziente scarsamente in grado di comprendere questioni o termini medici non portava il medico a modificare significativamente le proprie modalità espositive. La disinformazione del paziente, concludono piuttosto drasticamente gli autori, sembra in molti casi una sorta di 'profezia che si autoadempie': è il medico, considerando ignorante il paziente e non sforzandosi per farsi comprendere, a contribuire a renderlo effettivamente ignorante(Seagall e Roberts 1980)."
Le seconde le ricavo dal blog del dott. Roberto Cavallini, nel post dal titolo:    Perché i medici si arrabbiano quando il paziente ribatte: “ho letto su internet”.  "L'ho letto su internet..." visto dalla parte del medico (che oltretutto scrive sul web!)
"Fatto salvo il diritto di sapere, oggi mi sono arrabbiato per il motivo di cui sopra. Ed ho riflettuto sul perché è accaduto. I medici studiano su libri e su riviste cartacei ed on line, che costano, che vanno scelti accuratamente, pensati e valutati. Per loro la cultura è fin da subito una presa di responsabilità, una scelta, una possibilità di errore, una esposizione (si sceglie un indirizzo piuttosto che un altro). Pertanto la cultura del medico è metamorfica: un medico acculturandosi si modifica. Il pubblico legge su internet, ove basta un “click” o digitare una parola chiave per avere gratuitamente tutte le notizie che si vuole. Nessuna responsabilità, nessuna scelta, nessuna esposizione, nessun rischio: la cultura in questo caso è protesica: una protesi messa lì, appiccicata in qualche modo con uno sciame di “click” e di “bites”.
Abbiamo pertanto una cultura plastica (quella medica) ed una rigida (quella internettiana), una cultura vissuta (quella medica) ed una nozionistica (quella internettiana), una cultura ad alto investimento (quella medica) ed una costo zero (quella internettiana). Costo esistenziale, non di danaro, ovvio.
Purtroppo queste differenze non sono note al pubblico che naviga su internet. Ed ovvio allora lo scontro."
Mi viene da rispondere che come ci sono medici e medici, cioè non sono tutti eguali, ci sono anche pazienti e pazienti. Anch'io attingo le mie informazioni da siti affidabili e non da uno qualsiasi che purtroppo abbondano nel web.
Infine cito altre considerazioni importanti tratte da un articolo di Cesare Fassari del sito quotidianoasnità.it, dal titolo: Medico e paziente. Quando a vincere è la sfiducia
(…) "E così, quando arriva la notizia che temevamo nel nostro intimo, e che mai avremmo voluto sentire, scatta qualcosa di brutale. Di incontrollabile. Chi abbiamo davanti non è più un medico o un infermiere che ha tentato di salvare la vita al nostro parente o amico. E' un carnefice, un incompetente, uno che “se ne frega”.
Le ragioni di questa involuzione sono diverse. Alcune semplici da spiegare, come la perdita di quell’alone di supremazia intellettuale che il medico ha mantenuto per secoli di fronte ai propri pazienti, quasi tutti, indipendentemente dalla classe sociale di provenienza, completamente ignoranti rispetto all’ars medica. Altre frutto del paradosso per cui, più siamo informati sulla nostra salute, più diventiamo scettici verso la cura e le terapie prescritte. Altre, probabilmente figlie del generale declino della fiducia verso tutto ciò che è istituzione e il medico, come l’ospedale che lo ospita, sono due grandi istituzioni del Paese. Altre non sono che il risultato dell’incapacità di comunicazione tra medico e paziente che resta uno dei punti fragili di quell’alleanza terapeutica cui ci si vorrebbe ispirare per cambiare il volto della medicina, umanizzandola, rendendola sempre più vicina e accogliente, anche nelle tragedie e nelle scelte difficili.
Resta il fatto che, come spesso accade, la brutalità dei fatti vale più di mille parole. Il termometro della relazione medico paziente non è forse mai sceso così in basso. E non sta certo al paziente far risalire la temperatura a livelli più accettabili. L’unico che può farlo è il medico. Nella sua individualità e nella sua dimensione professionale e ambientale."

Chiedevo alla mia gentile fornaia se lei si sente una paziente ignorante o ignorante informata. Per nulla sorpresa dal quesito mi ha raccontato questa storia a proposito di conoscenze acquisite su internet: "Mia cognataha partorito di recente in Ospedale (non diciamo quale) e avendo letto nel web che si può presentare il "Piano del parto"(Birth Plan), lo ha redatto e presentato al ginecologo quando è stata ricoverata per partorire. Il ginecologo, quando l'ha visto, le ha detto che non voleva saperne e che se non le vanno le modalità per partorire dell'Ospedale, poteva farlo a casa.E' rimasta molto male."
Il Piano del parto è un accordo scritto e firmato tra la partoriente e la struttura in cui ha deciso di partorire, o con il ginecologo o l'ostetrica che la segue, magari in caso di parto in casa, può essere anche un elenco di desiderata della partoriente. Forse la futura mamma avrebbe dovuto concordarlo prima con la struttura e non presentarlo al momento del ricovero. Comunque sono stati calpestati i diritti della partoriente e del neonato fissati dall’Organizzazione mondiale della Sanità del 1985 e dalla legge italiana del 2006 sulla“Tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato”.

British Medical Journal: "Che la rivoluzione dei pazienti abbia inizio"

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"Che la rivoluzione dei

pazienti abbia inizio"

Trovo nel sito @Partecipasalute il seguente articolo di Cinzia Colombo dal titolo: Il British Medical Journal lancia un appello per la rivoluzione. Per leggere l'articolo originale    "Let the patient revolution begin" di Tessa Richards; Victor M Montori;Fiona Godlee; Peter Lapsley; Dave Paul,  clicca qui.

"Che la rivoluzione dei pazienti abbia inizio" così si intitola l’editoriale appena pubblicato sul British (maggio 2013) medical journal (BMJ), prestigiosa rivista medica, che lancia un’iniziativa per sviluppare una strategia di partnership con i pazienti, di cui la rivista renderà conto passo passo. L’idea è di creare un panel di pazienti e clinici che supporti il BMJ in questa iniziativa, l’invito è aperto a tutti gli interessati.
Una sfida che nasce da decenni di attenzione della rivista al tema del coinvolgimento dei pazienti, a partire dal numero monografico dedicato a questo argomento del 1999 “Embracing patient partnership" (Accogliere la collaborazione del paziente) (http://www.bmj.com/content/319/7212), per arrivare al 2003 dove l’editoriale di apertura titolava "Preparing for partnership" (Preparazione per il partenariato) (http://esocdn.www.bmj.com/sites/default/files/imagecache/bmj_archive_co...), fino a questo ultimo numero, dove i tempi sembrano maturi per una vera e propria rivoluzione.
Il ruolo dei pazienti nelle scelte di cura cresce e si rinforza rispetto al passato, internet offre lo strumento per potenziare questo cambiamento, il paternalismo medico ha segnato da molti anni i suoi limiti.
Molte iniziative sono portate avanti direttamente dai pazienti, dalle associazioni di pazienti e dai cittadini, altre sono supportate da governi, enti di ricerca, in questo caso da una rivista medico scientifica.
Quanto sarà una rivoluzione e quanto un lento ostinato movimento al cambiamento sarà da vedere. Di certo non si tratta di concessioni illuminate: la presa di responsabilità rispetto alle cure da parte delle persone interessate dalla malattia sta crescendo, e sempre più spesso lo spazio decisionale viene rivendicato. Riconoscere questo permette di rinegoziare un potere decisionale all’interno del rapporto medico-paziente, nel rispetto dei rispettivi ruoli. Un passo necessario che si inserisce nel più ampio invito a partecipare al dibattito sul futuro della sanità, sulla definizione del concetto di malattia, contro il processo continuo di medicalizzazione, come richiama dalle pagine della stessa rivista Ray Moynihan, giornalista scientifico. Moynihan invita le associazioni di cittadini a sollecitare e incrementare le conoscenze e la formazione su temi medici e di salute, in modo che la voce del pubblico possa farsi sentire, usando strumenti di discussione come giurie di cittadini e social network.
L’invito è aperto e, pur considerando il diverso panorama tra Paesi anglosassoni e Italia, da più parti le iniziative si moltiplicano (http://www.partecipasalute.it/cms_2/giurie-cittadini/prostata), anche se rimangono molte barriere perché la voce di cittadini e pazienti venga ascoltata. Cinzia Colombo(IRCCS- Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri)
Traduco, da non esperto, la prima parte dell'articolo originario: "I pazienti possono migliorare l'assistenza sanitaria: è ​​il momento di prendere sul serio il partenariato.
Un centinaio di anni fa George Bernard Shaw ha criticato aspramente la professione medica come una cospirazione contro chi non è medico. Oggi, i sistemi sanitari centrati su malattia e medico sono costosi , inefficienti , frammentati e troppo spesso indifferenti, stanno provocando simili ire.
Nonostante le migliori intenzioni e l'abilità indiscussa di molti che lavorano in ambito medico, l'accesso alle cure  e la loro qualità, variano notevolmente, e la maggior parte delle persone nei paesi ricchi accedono a un insieme confuso di test e trattamenti i cui meriti sono pubblicizzati e i danni minimizzati. Ai pazienti mancano informazioni sulle alternative nella pratica, l'efficacia della loro cura e il grado di incertezza medica. La procedura medica è informato da una ricerca di base incompleta inficiata dalla selezione e dai pregiudizi  e nel peggiore dei casi dalla frode . La conservazione delle burocrazie istituzionali, nonché interessi professionali e commerciali , hanno sempre prevalso sugli interessi dei pazienti . Il complesso sistema sanitario industriale è accusato di perdere la sua mission etica.  Questa corruzione nella missione dell'assistenza sanitaria richiede una correzione urgente. E come si può fare ciò senza ricorrere all'aiuto di coloro che il sistema dovrebbe servire, cioè i pazienti? Molto più dei medici sono i pazienti a capire la realtà della loro condizione, l'impatto della malattia e del trattamento sulle loro vite  e come i servizi potrebbero essere meglio progettati per aiutarli. I medicied i pazientidevono lavorarein partnershipse vogliamomigliorare l'assistenza sanitariae sfidarele praticheprofondamenteradicatee i comportamenti." (...)


 

Farmaci antitumorali: il brevetto uccide il paziente?!

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Il brevetto uccide il paziente
Quando un’industria farmaceutica possiede i diritti per fabbricare e vendere una molecola farmacologica utile alla cura di una grave malattia (ad esempio il cancer), riesce ad ottenere introiti inimmaginabili, è anche giusto, chi ha un’idea ne può ottenere guadagno.

Per legge però, dopo un certo periodo di tempo, quella molecola non è più proprietà dell’azienda ma “di tutti” in quanto il giusto guadagno derivante da una scoperta non può essere infinito e soprattutto non deve limitare l’accesso a quelle cure da parte di chi ne ha bisogno, scade la proprietà privata a beneficio della comunità. Ma se l'azienda farmaceutica modica la formula del farmaco? E' il caso del farmaco Glivec prodotto dalla Novartis (Svizzera). E se un tribunale come quello indiano obbliga una ditta farmaceutica, la Bayer (Germania), a fornire la formula non scaduta del Nexavar con la motivazione che riporto, cosa accade? “Il prezzo è fuori dalla portata dei pazienti. Non è un bene di lusso, ma un medicinale che può salvare delle vite. E’ dunque importante che possa essere alla portata della maggior parte delle persone”.

Le due grandi aziende farmaceutiche la Bayer e la Novartis hanno scatenato una guerra di carte bollate per riprendersi il brevetto, la Bayer per il farmaco Nexavar e la Novartis per il Glivec.  La logica delle case farmaceutiche è la seguente: "Le malattie che non portano guadagni non rientrano nei loro piani e i pazienti che non hanno i soldi per pagare non rientrano nei loro interessi”.

Vi invito a leggere due articoli tratti dal "Fatto Quotidiano" che descrivono  la battaglia legale tra l'India e le aziende farmaceutiche. Il primo di Marco Quarantelli, del 27/gen/2014,  ha per titolo: Bayer, polemica sul Ceo: “Farmaco anticancro? E’ per chi può permetterselo”
Riporto l'inizio dell'articolo, per leggerlo interamente cliccare sul titolo: La frase di Marijn Dekkers, numero uno del colosso farmaceutico, ha riacceso la guerra per il diritto di produzione e vendita di importanti farmaci anti-tumorali come il Nexavar. Nella sua versione generica, il "sorafenib" costa il 97% in meno. Il prezzo di Bayer era di 5.600 dollari (4.100 euro) per 120 compresse, la scorta per un mese. Dal marzo 2012 in India, per decisione del governo, si può comprare la stessa dose del farmaco anti-cancro Nexavar nella versione generica a 175 dollari: 127 euro. Da allora la multinazionale di Leverkusen ha scatenato una guerra di carte bollate per riprendersi il brevetto, ma finora non ci è riuscita. Nexavar è indicato per il trattamento dell’epatocarcinoma e per il trattamento di pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato dopo fallimento terapeutico ad una precedente terapia a base di interferone alfa o interleuchina-2, o che sono considerati non idonei a ricevere tale terapia.

Il secondo articolodi Salvo Di Grazia, del 5 aprile 2013, è intitolato: Il caso del farmaco Glivec: la ‘lezione’ dell’India alla Novartis.
Riporto anche di questo articolo alcune parti, per leggerlo interamente cliccare sul titolo.
(…) Per una nazione che ha grosse fasce di popolazione sotto la soglia di povertà ed un’assistenza sanitaria non diffusa come da noi, il costo di un farmaco può fare la differenza tra la salute di un ricco e quella di un povero, con quest’ultimo che spesso rinuncerà alle cure. Ma l’industria indiana ha pensato bene di fabbricare lo stesso farmaco (cosa che fa per moltissime altre molecole curative) “a casa propria”, in forma generica nelle industrie nazionali, scoprendo con enorme soddisfazione di potere abbattere in questo modo i costi esorbitanti della cura (e non di poco, il farmaco originale costa attorno ai 2000 euro al mese, quello generico poco più di 100!). (…) se un’industria ha un prodotto efficace in vendita esclusiva, allo scadere del brevetto, questo potrebbe essere prodotto (e venduto) da qualsiasi altra azienda. Ma se l’industria modificasse leggermente il farmaco iniziale mostrando che la modifica apportasse miglioramenti ed aumento di efficacia, il brevetto è, in parole povere, rinnovato, consentendo all’azienda di continuare ad avere l’esclusiva della vendita e del guadagno di quella sostanza. E’ quello che è successo al Glivec. La Novartis, allo scadere del brevetto, ha modificato leggermente la composizione del farmaco, ottenendo così una molecola più efficace e sicura. Le industrie indiane hanno iniziato a produrlo per conto loro ed è a questo punto che la Novartis ha protestato chiedendo fosse rispettato il diritto alla “proprietà”, appoggiandosi soprattutto alla “modifica” del prodotto iniziale.

Il Trattamento delle Metastasi Epatiche

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La mia recidiva epatica prima e dopo la chemio
 
Sono un pensionato 72enne, paziente oncologico, che si dedica a tempo pieno al volontariato e in particolare all'informazione medica e ai servizi per gli anziani e i pazienti oncologici. Sono convinto, come sostiene l'articolo pubblicato  nel prestigioso BMJ del mese di maggio 2013, "Che la rivoluzione dei pazienti abbia inizio" ("Let the patient revolution begin") auspicando un forte partenariato tra medici e pazienti per migliorare il Sistema Sanitario Nazionale.
Non voglio fare pubblicità all'Istituto Europeo di Oncologia (IEO), ma ho trovato nel suo sito una pagina web chiara dedicata al: Il Trattamento delle Metastasi Epatiche
Le metastasi epatiche interessano molti compagni di avventura, si dice che il 30-50% dei pazienti affetti da tumore maligno sviluppa metastasi al fegato nel corso della malattia.

L' Istituto Europeo di Oncologia (IEO) nasce e opera nella convinzione che si curi meglio dove si fa ricerca. Rappresenta dal 1994 un modello innovativo di sanità e ricerca avanzata nel campo dell'oncologia internazionale. L'abbattimento di confini geografici è il cuore della ricerca e della cura: il Personale proviene da tanti diversi Paesi del Mondo, all'insegna dell'integrazione e dell'eccellenza. E da diversi Paesi arrivano anche le persone che a noi si affidano per la diagnosi e la cura, confermando la credibilità cui IEO tiene da sempre.
Nato da un'idea di Umberto Veronesi e inaugurato nel maggio 1994, l'Istituto è diventato un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) con decreto ministeriale del gennaio 1996; è un ente di diritto privato senza fini di lucro che eroga prestazioni anche in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.

Come si definiscono le metastasi epatiche:           
Le metastasi epatiche sono tumori inizialmente insorti in sedi differenti dal fegato, che raggiungono questo organo attraverso la sua elevata vascolarizzazione e qui si impiantano.          
Spesso il termine "metastasi epatica"è seguito dal nome dell’organo da cui ha preso origine la neoplasia; ad esempio, il termine metastasi epatiche colo-rettali significa che le metastasi del fegato provengono da un tumore primitivo del colon-retto.

Perché si formano le metastasi epatiche?   
Le metastasi epatiche sono una malattia relativamente frequente. Il 30-50% dei pazienti affetti da un tumore maligno sviluppa metastasi al fegato nel corso della malattia. Particolarmente predisposte alla diffusione a livello epatico sono le neoplasie del tratto gastro-enterico (il colon, il retto, lo stomaco) perché il sangue di tali organi arriva al fegato attraverso il sistema venoso portale.

Come si possono manifestare le metastasi epatiche?          
Le metastasi possono, inizialmente, non dare alcun segno della loro presenza. Infatti, i tumori del fegato di piccole dimensioni sono spesso silenti e la maggior parte dei pazienti rimane asintomatica per un lungo periodo. La presenza di metastasi al fegato viene spesso rilevata dagli accertamenti continui che i pazienti eseguono durante o dopo la malattia tumorale iniziale. Per questo motivo è molto importante eseguire correttamente e puntualmente i controlli clinico-strumentali previsti.   
Le metastasi epatiche provocano sintomi quando sono di grandi dimensioni ed occupano una notevole porzione di ghiandola epatica (i sintomi si presentano quindi nelle fasi avanzate della malattia). I disturbi causati sono aspecifici:
- astenia (sensazione protratta di stanchezza);   
- febbricola (soprattutto al tardo pomeriggio o alla sera);
- anoressia (calo o mancanza totale di appetito);
- perdita di peso;          
- dolore sordo o senso di pienezza all’epi-mesogastrio;   
- ittero (colorazione gialla delle sclere e della cute);       
- massa palpabile (in conseguenza del volume della metastasi);
Un attento monitoraggio dei pazienti già operati per neoplasia (in particolare dell’intestino) è quindi di fondamentale importanza per una diagnosi precoce.

Come può essere l'aspetto delle metastasi epatiche:
Possono essere singole o multiple, localizzate ad uno o ad entrambi i lobi.           
Le metastasi possono anche avere strette aderenze con strutture anatomiche importanti del fegato quali ad esempio la vena porta e la vena cava, possono avere rapporti di contiguità con il diaframma; tutte queste condizioni rendono il trattamento più complesso.

La diagnosi
La diagnosi nella maggior parte dei casi è formulata attraverso un’ ecografia dell' addome ed una TAC con M.D.C. (tomografia assiale computerizzata).
Per alcuni tumori sono utilizzabili esami di laboratorio specifici (marker tumorali sierici): ad esempio, per le metastasi epatiche da neoplasia del colon-retto, la determinazione del marker CEA (antigene carcino embrionario) permette di migliorare la sensibilità degli esami radiologici. La biopsia epatica è indicata solo in rari casi e, in particolare, quando non è nota la sede del tumore primitivo o per la determinazione di recettori (EGFR) specifici che possano guidare un successivo trattamento chemioterapico.

* L'Ecografiaè esame sensibilissimo per la diagnosi con accuratezza che raggiunge il 95%. Se è già nota la presenza del tumore primitivo la diagnosi è assai semplice. I vantaggi dell'ecografia sono che non è invasiva, è ripetibile con facilità ed è poco costosa.   All' ecografia le metastasi appaiono come noduli più scuri (ipoecogeni) circondati da un alone all'interno del fegato. Oggi è possibile eseguire questo esame con mezzi di contrasto sofisticati (disponibili nel nostro Centro), che permettono di aumentare la sensibilità dell’ esame con possibilità di rilevare noduli non visibili con altri esami radiologici.

* La TAC spirale con M.D.C. (tomografia assiale computerizzata) è l'esame migliore, per la sua efficacia. La tecnica di TAC spiralerende l’esame più veloce e confortevole per il paziente, permettendo di elaborare immagini molto accurate e dettagliate per il chirurgo. Nella maggior parte dei casi l’intervento è pianificato proprio in base a tale esame, che permette di distinguere quali parti del fegato possano essere asportate e quali strutture anatomiche debbano essere preservate.

* La Risonanza Magnetica con M.D.C. e l’ angiografiapossono essere utilizzate per meglio definire i rapporti con strutture adiacenti al tumore, come la vena porta e la vena cava, ma in generale non aumentano particolarmente l’informazione diagnostica fornita della TAC.

* La PET (tomografia ad emissione di positroni) è un esame che si basa sul rilievo del metabolismo cellulare presente nelle cellule tumorali. L' esame è molto sofisticato e permette di evidenziare anche la presenza di metastasi non viste (occulte) da altri esami. Esplora non solo il fegato, ma anche tutti gli altri organi. La PET va riservata a particolari tipi di tumore e a casi selezionati.

* La biopsia epatica nella maggior parte dei casi non è necessaria. Nei casi dubbi può essere utilizzata come elemento di conferma e/o per la determinazione di recettori quali l’ EGFR o la mutazione di alcuni geni (quali K-RAS e BRAF).

Come si possono curare le metastasi epatiche?             
La terapia delle metastasi epatiche varia in base al tipo di tumore primitivo, al numero di metastasi, alla loro localizzazione all'interno del fegato ed alle condizioni generali del paziente.
La terapia più efficace in assoluto è la chirurgia che può essere un trattamento oncologico radicale e garantire prolungati intervalli liberi da malattia.

* Chirurgia: Quando le metastasi (in particolare quelle del colon, del retto e quelle neuroendocrine) sono rimuovibili attraverso un intervento chirurgico, allora bisogna proporre al paziente l’ intervento. Tutti i pazienti portatori di metastasi dovrebbero sempre essere valutati da un chirurgo esperto nella chirurgia del fegato, oltre che da un Oncologo Medico. I limiti della chirurgia consistono nelle cause di non-resecabilità della metastasi, quali le dimensioni del tumore o il numero dei noduli. Queste limitazioni sono state ulteriormente ridotte dai progressi della chirurgia, rese possibili grazie a particolari tecniche di radiologia interventistica come l'embolizzazione portale e le "resezioni in due tempi" (la possibilità di eseguire due resezioni a breve distanza di tempo basata sulla capacità del fegato di rigenerare spontaneamente). La sopravvivenza dei pazienti operati dopo 5 anni dall'intervento supera il 30%. È possibile eseguire anche più di una resezione nello stesso paziente nel corso della sua malattia. Indispensabile, nel corso dell’intervento, l'uso dell’ecografia intra-operatoria, che permette di rilevare lesioni piccole, profonde e non palpabili, metastasi occulte, una delle cause più importanti della ripresa della malattia dopo l' intervento. Inoltre, si stanno effettuando nuove ricerche tese a studiare la possibilità di rendere operabili metastasi non operabili d’emblée mediante cicli di chemioterapia preoperatoria.

Spiritualità nella cura del cancro

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Afferma Rosa Ana de Santis: "La malattia oncologica, proprio per la modalità della sorveglianza, per l’incertezza della prognosi e per la variabile altissima della risposta individuale alle terapie, richiede uno sforzo di convivenza con la malattia che può anche durare anni e che può trasformare la patologia clinica, anche quando fosse scomparsa dal corpo, in una condizione dell’animo e in uno stato mentale. Il cancro come un virus dei pensieri, perché è l’incontro eccellente, senza mediazioni e diplomazie, con le domande fondamentali della vita. La sensazione di precarietà esistenziale che scatena la diagnosi diventa spesso l’origine però di una nuova disponibilità alla vita in cui l’interiorità, le relazioni e i sentimenti diventano la finalità del quotidiano, i primi strumenti di guarigione e gli ingredienti fondamentali del futuro. I percorsi, com’è ovvio, sono diversi." 
Spiritualità nella malattia, in particolare nel cancro, per alcuni significa solidarietà, compassione, empatia ed empowerment, per altri oltre a ciò indica anche credenza nell'aldilà e preghiera. E' altresì importante mettere in prima linea l’umanizzazione delle cure, l’integrazione tra medicina e psicologia al fianco del paziente con una costante attenzione alla non esclusione del paziente oncologico nel sistema sociale e nel mondo del lavoro. Il paziente oncologico non è un appestato, cioè uno da evitare e da scartare!!
Nel sito del National Cancer Institute si accenna anche alla Spirituality in Cancer Care (Spiritualità nella cura del cancro). Chiaramente le riflessioni sono riferite agli americani (Statunitensi) ma si adattano bene anche agli italiani.

Nella pagina web vengono fornite informazioni generali sulla Spiritualità e i puntichiave che vengono affrontati:

  • I Valori religiosie spiritualisono importanti peri pazientialle prese conil cancro.
  • La spiritualitàe la religionepossono averesignificati diversi.
  • Una malattia grave, come il cancro, può causaredisagiospirituale.
Valori religiosie spiritualisono importanti peri pazientialle prese conil cancro.Gli studi hanno dimostratoche i valorireligiosie spiritualisono importantiper gli americani. La maggior parte degliadulti americanidicono di crederein Dio eche le lorocredenze religioseinfluenzano il modo incui vivonola loro vita. Tuttavia le personehanno idee diversesulla vitadopo la morte, la fede nei miracoli, ealtre credenzereligiose. Tali credenze possono dipendere dalgenere, dall'istruzionee dall'origine etnica. Molti pazienticon il cancro fanno affidamento  acredenze e pratichespiritualio religioseperaffrontarela loro malattia. Questo si chiamacopingspirituale. Molticaregiverssi basano anchesul copingspirituale. Ogni personapuò averediverse esigenzespirituali, a seconda delle tradizioniculturali e religiose. Per alcunipazienti gravemente malati, il benessere spiritualepuò influenzarel'ansiadellamorte. Per altri,può influenzareciò che essidecidonosui trattamentidi finevita.Alcunipazienti e i loro caregiverfamiliarivorrebbero che i mediciparlassero diproblemispirituali, mapossono sentirsi insicuri su cometrattare l'argomento. Alcuni studi dimostranoche il sostegnodei medicial benessere spirituale deipazienti molto malati li aiuta a migliorare laloro qualità di vita. Gli operatori sanitariche trattano pazientimalati di cancrosono alla ricerca dinuovi modi peraiutarlinelle loro preoccupazionireligiosee spirituali. I medici possonochiedere ai pazientichele questionispiritualisono importanti per lorodurante iltrattamento, così comeverso la fine dellavita. Quando i pazienticon cancro avanzatoricevono un sostegnospiritualeda parte del teammedico, possono essere piùpropensi a scegliere l'hospicee un trattamentomeno aggressivo, alla fine della vita. (Vedere la sintesi PDQsugliultimi giorni di vitaper informazioni sulle questioni del fine vita.)
La spiritualitàe la religionepossono averesignificati diversi.I terminispiritualità e religionesonospesso utilizzaticome sinonimi, maper molte personehannosignificati diversi. La religionepuò essere definita comeuno specifico insiemedi credenze e pratiche, di solitoall'interno diun gruppo organizzato. La spiritualitàpuò essere definita comeun sensoindividuale dipace, solidarietà e le credenzesul significatodella vita. La spiritualitàpuò essere trovataedespressa attraversouna religioneorganizzata oin altri modi. I pazienti possonopensare di essere personespirituali o religioseo entrambe.
Una malattia grave, come il cancro, può causaredisagio (distress)spirituale.
Malattie gravicome il cancropossono causare ai pazienti o ai caregivers familiari ad averedubbi sullaloro credenzeovalori religiosie provocaremoltasofferenzaspirituale. Alcuni studi dimostranoche i pazienti malati di cancro possono pensare di esserestatipunitida Diooavereuna perdita della fededopo la diagnosi. Altri pazienti possonoavere sentimentidelicatidi sofferenzaspirituale, quandoaffrontano il cancro.

Glossario dal Dizionario NCI 
Religiosità: Uninsieme di credenzee di praticheche scaturiscono dadomande sul sensodella vita epossono comportareil culto diun essere supremo.
Spiritualità: Averea che fare conprofondi,spessoreligiosi,  sentimenti e credenze, tra cui il sensodi una persona sulla pace, lo scopo, il rapportocon gli altri, e le credenzesul significatodella vita.

PDQ =PDQè un database onlinesviluppato e mantenutodalNational Cancer Institute. Progettato per renderele informazioni sul tumore piùattuali, credibili eaccurate disponibileagli operatori sanitarie al pubblico, PDQcontieneriassuntipeer-reviewed(revisione tra pari) sul trattamentodel cancro, lo screening, la prevenzione, la genetica, la medicina complementare e alternativa, ela terapia di supporto, un registrodi cancrostudi clinicidi tutto il mondo, e le directorydi medici, professionisti cheforniscono servizidi geneticaeorganizzazioni che fornisconola cura del cancro. La maggior parte diqueste informazioni, einformazioni più specifiche suPDQ, si possono trovare sulsito Webdel NCIahttp://www.cancer.gov/cancertopics/pdq. Chiamato anchePhysicianData Query.
Capacità di coping=I metodi che una personautilizzaper affrontare le situazionistressanti. Questi possonoaiutare una personaa fronteggiare unasituazione, ad agire,ad essereflessibilee persistentenel risolvere i problemi.
Cancro avanzato = cancro che si èdiffuso ad altreparti del corpoe di solito nonpuò essere curatoo controllatocon il trattamento.
Hospice = Un programmache fornisce assistenzaspeciale per le personeche sonovicino allafine della vita eper le loro famiglie, sia a casa, inindipendentestrutture, oall'interno degli ospedali.

Aggressivo = In medicina, descriveun tumoreo una malattiache si forma, cresce, osi diffonde rapidamente. Può anchedescriveretrattamento che èpiù grave ointensodel solito.

Caregiver = Una persona cheassistenza alle personeche hannobisogno di essere aiutate aprendersi cura di sé. Gli esempi includonoi bambini,gli anzianio pazientiche hanno malattiecroniche odisabilità. I caregiverpossono essereoperatori sanitari, familiari, amici, operatori sociali, o membri delclero. Essipossono fornirecure a domicilioo in unospedale oaltroambiente sanitario.

Cultura=Le credenze, valori e comportamentiche vengono condivisiall'interno di un gruppo, come ad esempioun gruppo religiosoo di una nazione. Culturacomprendela lingua, i costumi, e le credenzecircai ruolie le relazioni.    
Ansia=Sentimenti dipaura, terroreedisagio chepossono verificarsicome reazioneallo stress. Una persona conansia puòsudare, sentirsiinquietoe teso, e hanno unbattito cardiaco accelerato. Ansia estremache accadespessonel corso del tempopuò essere un segnodiun disturbo d'ansia 
Disagio=doloreemotivo, sociale, spirituale ofisico osofferenza chepossonoindurre una persona asentirsitriste, impaurito, depresso, ansioso, o soli. Persone in difficoltàpossono anche pensareche essinonsono in grado digestire ofar fronte ai cambiamenticausatidanormaliattività di vitaodi avereuna malattia, come il cancro. I malati di cancropossono averedifficoltà a far frontecon la  diagnosi, sintomi fisicio il trattamento.
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